Il mio impegno a disposizione degli altri
Non ho mai tollerato la prepotenza, comunque espressa, perché l’ho sempre ritenuta un muro tra chi poteva e chi non poteva. La prepotenza è il comportamento tipico della cultura al di là della legge e della legalità.
A livello individuale produce effetti limitati e indirizzati a scopi personali. Come fenomeno sociale si insinua in spazi e per scopi influenti sulla vita sociale. Questo aspetto oggi è divenuto pericolosamente allarmante, per la continua e incisiva infiltrazione negli apparati e nelle strutture pubbliche, mettendo le istituzioni nel clima di discutibile credibilità.
La prepotenza, come la gramigna si stende sul terreno e affonda le radici nel sottosuolo, dove si moltiplica e si rafforza, nascosta e imprevedibile. Quando la tagli in superficie, la liberi alla vista ma non la estirpi, perché essa cresce e si sviluppa nella profondità del terreno, succhiando sostanza vitale alle piante intorno fino a soffocarle.
Come la gramigna, la delinquenza, non si combatte alla vista, ma nelle imprevedibili proliferazioni sociali con una bonifica profonda dell’ambiente. E non basta. Dopo l’operazione, il terreno va continuamente rivoltato e disinfestato, per impedirne la riproduzione.
Il lavoro continuo e costante di prevenzione ne assicura il controllo e la eliminazione al primo insorgere.
Sono nato in una famiglia di lavoratori, molto vigili e attenti all’educazione di sei figli. Si sentivano ripetere in casa sempre le stesse regole e prima di tutto quella del rispetto degli altri e della cosa pubblica. Mio padre diceva: non appropriarti della cosa pubblica, perché in quella c’è il tuo, ma soprattutto quello degli altri, che contano più di te. Se tutti osservano questo principio, la cosa pubblica resterà sempre tale.
Questa Regola mi ha accompagnato nella vita di lavoro, di impegno professionale e politico.
Ho dato molta importanza alla famiglia, perché costituisce il primo credo fondamentale dell’impegno dell’uomo nella società sia come professionista che come politico. Ho sempre ritenuto che l’uomo, nella società, debba dare il meglio di sé per dare l’esempio e costruire quei ponti su cui passeranno poi i figli e le future generazioni.
Il benessere degli altri è il tuo benessere e quello dei tuoi figli.
Ho dedicato la mia vita soprattutto allo studio, perché mi piaceva e mi affascinava, ma soprattutto mi ha permesso di comprendere attraverso la storia le vere ragioni che hanno spinto l’uomo a scegliere da quale parte stare e perché restarvi. Mi sono sempre definito “eretico”, nel senso greco del termine, di scegliere per decidere. Negli incontri culturali e politici mi sono espresso chiaramente ed ho sempre diffidato di chi è rimasto in silenzio, a guardare, senza scegliere. Ho considerato questa posizione sospettosamente opportunistica e pregiudizievole in una società in cui ognuno di noi è chiamato a decidere per il governo di tutti.
Ho cominciato sin da ragazzo ad interessarmi di politica e mi sono trovato inevitabilmente in mezzo nei momenti delle decisioni più importanti per il PAESE, a cominciare dal referendum del 1946 nel quale, anche per il forte impegno politico di mio padre, mi animai per la grande svolta costituzionale per la “Repubblica”.
Ho frequentato le scuole ad Agropoli, dalle medie, al ginnasio e liceo classico. Mi sono laureato a Napoli con una tesi in diritto costituzionale e due tesine in penale e criminologia sociale.
Era l’epoca in cui le distrazioni erano limitate agli incontri del sabato sera tra di noi, in casa con qualche bottiglia di cognac o di gin, trascorrendo le serate tra passate allegre e barzellette. Niente di più! Erano gli anni sessanta e le canzoni di quell’poca ci incollavano alla radio per diventare segreti trasportatori di incontri galeotti. Fu questa anche l’epoca del “papiello” colorito documento in carta pergamena il cui rito portò a costituire un bellissimo e sincero gruppo di amici per celebrare la festa della matricola. La festa della matricola, consentiva al nuovo maturato di entrare nel circolo universitario e cominciare una fase nuova di vita culturale, di impegno e di vita.
Appena laureato mi trovai in un altro mondo. Quello serio della vita dove stringi con la società un altro rapporto, indossi un altro vestito e ti presenti con un volto nuovo. Il vestito e la cravatta di tutti i giorni divennero il mio nuovo Luck. Ero dott. in legge e come si usa dalle nostre parti il popolo mi chiamava avvocato. Titolo che mi infastidiva. Chi mi ha visto nascere e crescere ad Agropoli mi ha sempre chiamato Gerardo ed io ne sono stato particolarmente felice, perché non mi cambiava l’identità.
Tra studi di formazione, a Napoli, praticantato ed esercizio della prima professione libera, ansiosamente cercavo il tempo di impegnarmi in politica, che per me e quelli della mia generazione costituiva un passaggio culturale molto importante. Mi abilitai subito, come procuratore legale, superando l’esame al primo tentativo e mi iscrissi all’Albo. Ora mi sentivo un altro, anche perché nel frattempo avevo fatto esperienza professionale nello studio del grande avvocato Francesco Surmonte, penalista e in quello del prof. Antonio Siniscalco, docente di diritto del lavoro.
Senza sviluppo economico tutte le attività non aprono a speranze di lavoro certo, per cui molti di noi non trascuravano la possibilità dei concorsi. Così mi trovai nel 1970 nell’amministrazione pubblica con altri amici di Agropoli. Mi trovai in un mondo che riconobbi dopo perfettamente calzante alla mia persona.
Nell’Amministrazione pubblica si è sviluppata la mia avventura professionale, come segretario comunale, sballottolato da una parte all’altra della provincia di Salerno, tenuto sempre lontano dal Cilento, la mia terra, per il mio noto impegno politico nel PCI, contrastato dalla Vecchia Democrazia Cristiana, la quale attraverso il potere dei notabili di zona impediva il mio rientro anche come funzionario. Le sedi si occupavano soprattutto per il gradimento del Sindaco. E in quell’epoca, i sindaci vestivano tutti, nel Cilento, la casacca della D.C. Sapevo, ma non mi sono mai lasciato condizionare. Ho continuato nei miei impegni politici, contribuendo con altri amici di cordata democratica a portare avanti il progetto di cambiamento che avevamo condiviso come studenti universitari nel Circolo universitario fondato ad Agropoli. Col Circolo fondammo un mensile che chiamammo “Aleteia” dal greco” la verità”. Come Direttore responsabile impegnai le prime pagine con articoli di fondo che toccavano particolari e sentiti aspetti della vita politica locale.
L’impegno professionale ha fatto la mia storia, tutta scritta nei comuni, in un epoca in cui il diritto amministrativo era segnato dal testo della legge comunale e provinciale del 1934, agganciato alla normativa del 1911 e 1915.
Queste norme e una limitata giurisprudenza costituivano il bagaglio in cui il Segretario comunale doveva trovare il bandolo della matassa per garantire la corretta amministrazione. Era l’epoca in cui il consiglio comunale veniva eletto dai cittadini e il sindaco e la giunta dal Consiglio comunale. Le lotte fratricide scoppiavano nelle aule di consiglio e la carente normativa faceva da companatico alle decisioni.
In questo clima doveva misurarsi il segretario comunale. In questo critico momento storico ho espresso le mie capacità. Fui molto ricercato nei momenti di maggiori puntigli giuridici. I miei consulti furono richiesti in tutto il territorio del Vallo di Diano esteso a parte della Basilicata e della provincia di Salerno. L’impegno professionale doveva essere sempre pronto e aggiornato, perché le amministrazioni erano rette da deputati, senatori, Ministri, consiglieri regionali e provinciali. Il livello di impegno richiedeva una professionalità di capacità speciale e pronta. Anche la prefettura, talvolta ha dovuto condividere le mie considerazioni nei confronti.
Pur derivato da studi classici, dovetti assumere competenze anche in materia contabile. L’epoca poneva il Segretario comunale al vertice della garanzia legale dell’Ente. Per dignitosa responsabilità curai questa aspetto della funzione pubblica. Gli affari della P.A in cui svolgevo la funzione erano sempre accompagnati dalle mie relazioni di supporto scritto, con pareri di responsabilità.
Prima ancora del 1990 avevo già distaccato la mia funzione da quella politica, per garantire la gestione da passaggi illegittimi o fumosamente dubbiosi. Rigorosamente bilanci e consuntivi riportavano le mie relazioni. Era mia abitudine stimolare le amministrazioni a indicare le linee di scelte amministrative durante il mandato e il bilancio vi si doveva accordare. Gli impulsi straordinari costituivano il libro dei sogni che potevano concretizzarsi solo in seguito alle capacità politiche del Sindaco di turno. Allora le risorse si recuperavano attraverso il cordone ombelicale di collegamento politico.
Il terremoto del 1980 mi colse al centro di un territorio gravemente colpito. Non abbandonai la gente, anzi mi trovai a coordinare una vasta zona, collaborando rappresentanti del parlamentare per interpretare aspetti sconosciuti di una casistica estesa specialmente nei comuni di montagna al fine di prevederla nella legge 219.
Il 1990 fu l’epoca della grande riforma dell’Ordinamento degli Enti locali che ha rivoluzionato il sistema politico, distinguendo ruoli e competenze tra gli attori della vita amministrativa.
Mi trovavo nel Vallo di Diano tra Polla e Teggiano, zona in cui si dava molta importanza alla vita amministrativa e i cittadini partecipavano con grande interesse alla vita pubblica.
Il nuovo corso legislativo venne accolto senza alcun trauma. Anzi i Sindaci di queste comunità promossero iniziative di studio e di esplicitazione della riforma, incaricandomi di riorganizzare e adattare la macchina amministrativa ai tempi. Diedi vita a programmi di formazione con il personale tracciando calendari di incontri, al fine di rimodulare la nuova cultura, riorganizzando settori, uffici e servizi secondo schemi semplici, aperti e snelli. Ho sempre cercato di separare anche strutturalmente gli ambienti di lavoro da quelli dei politici, sulla base della responsabilità funzionale. Mi appassionai alla rivoluzione legislativa e compresi la importanza della legge 241/90 nel processo formativo degli atti. Compresi che questa legge costituiva il cuore e l’anima della vita dei Comuni. Era finita l’epoca della discrezione e dei favori. Nasceva il nuovo corso del procedimento amministrativo come fondamento di legittimità dell’attività della P A. Era finita l’epoca del considerato, ritenuto, etc, per fare largo alla legge e alla legalità dei comportamenti. Chi si faceva promotore di proposta, da quel momento doveva attenersi alla legge, richiamando la normativa che ne legittimava l’azione.
Questa legge ha riformato la cultura dell’amministrazione nella vita delle P.A perché ha definitamente specificato ruoli e compiti della burocrazia nella fase gestionale, a garanzia della legittimità delle attività e delle scelte. Questa legge si colloca perfettamente nel circuito delle norme costituzionali e più in particolare con l’art. 97 della Costituzione il quale impone agli Enti territoriali di osservare il principio di buon andamento ed imparzialità durante l’azione.
L’assenza o il difetto del procedimento intacca il percorso degli atti e pone l’attività sul piano della violazione di legge e di validità. Ne conseguono responsabilità di ordine amministrativo, contabile e penale.
L’aggiornamento culturale del sistema degli Enti territoriali ha spostato l’asse delle responsabilità verso le funzioni gestite, relegando il potere politico nell’alveo della programmazione, indirizzo e controllo.
Meno commistione e ingerenza politica significano meno influenza nell’esercizio delle attività, ancorate ai principi di trasparenza, di aperta e pubblica competizione nella selezione degli affidamenti degli incarichi pubblici, dei servizi e dei lavori.
Fino al 1994 sono stato impegnato nel territorio del Vallo di Diano, dove ho trascorso la maggior parte della vita professionale e dove ho avuto la possibilità di poter esprimere la mia capacità amministrativa senza essere contrastato. Anzi gli amministratori mi hanno sempre dato grande fiducia per adeguare ed aggiornare la macchina alla nuova tecnologia di sistema. Il Comune di Teggiano già prima del 1990 aveva il sistema informatico interno, centralizzato, più efficiente d’Italia. Ciò era dovuto alla bravura di uno staff tecnico di primo ordine, di cui conservo speciale ricordo.
Improvvisamente una mattina di maggio del 1995, cambia il corso della mia vita. Mi recavo al lavoro con la mia auto e percorrevo oltre 200 chilometri al giorno andata e ritorno Agropoli- Teggiano. Alle 8 meno un quarto ero già sul posto di lavoro per rientrare tra le ore 18-19, Tutti i giorni.
Quella mattina di maggio comparve davanti alla segreteria di Teggiano una persona semplice che si presentò con fare deciso e senza fronzoli dialettici. ”Sono Angelo Vassallo, eletto da poco Sindaco di Pollica, e ho bisogno di te per risolvere il mio grande problema del Comune. Ho appena cominciato e non riesco a mettere piede neppure nella stanza del Sindaco, tanto è il disordine delle carte e degli atti. Appena eletto mi è stata notificata una diffida della Sezione di controllo che mi da 15 giorni di tempo per approvare il bilancio di quest’anno, gravato da chiarimenti che richiamano 7 conti consuntivi non approvati”. Sono senza ragioniere perché quello che c’era si è sparato. “I dipendenti non si pagano lo stipendio da quattordici mesi”.
Nella comunicazione del Sindaco avvertii un sussulto e la disperazione di un amministratore il quale pur avendo appreso la drammaticità della situazione decisamente aveva percorso 100 chilometri per portarmi il messaggio. Nelle parole colsi il carattere della persona e la sua determinazione.
Mi bloccai per un attimo, confuso da mille pensieri. Ripresi: “ma non hai il segretario comunale? E lui: l’ho cacciato …, perché si è presentato in calzoncini corti e con gli zoccoli”. E continuò: “gli ho detto che la spiaggia era ad Acciaroli e che il Comune era un luogo dove si lavora per la gente”.
Gli chiesi perché era venuto da me. Rispose che ricordava come avevo condotto l’operazione per l’acquisto del Comune del Castello Vinciprova di Pioppi, all’epoca dell’amministrazione Signorelli e ricordava esattamente i passaggi che feci in Consiglio comunale, per completare, in presenza del tesoriere, tutta l’operazione, prima di uscire dal Consiglio. Il Sindaco Signorelli, anche in quella occasione non si era fidato del segretario comunale e mi aveva chiamato, col consenso del Segretario del Comune. Era l’epoca in cui la politica degli inciuci trovava mille ostacoli per impedire al PCI di governare. La Procura della Repubblica di Vallo della Lucania scendeva nel territorio con l’anima dell’occasione. A carico di Erminio Signorelli si apriva infatti subito un procedimento penale, anche per uno scalino realizzato da qualche cittadino per accedere alla sua abitazione. Le denunce che comparivano come funghi avevano lo scopo di destabilizzare il nuovo corso politico di un amministratore, noto per onestà. Questa non valse a far riflettere a chi di dovere. La politica territoriale si combinava con il placet istituzionale e con la benedizione ecclesiastica. I soliti corvi si accordavano per mantenere il territorio pulito dalla presenza dei comunisti. Il Cilento non avrà mai un futuro fino a quando non sarà liberato dagli artigli rapaci di certe famiglie, caste e sette massoniche. La cultura negativa del brigantaggio ha trovato qui facile accesso nel potere, per saldare antiche passioni e pretese e consolidare patrimoni di cordata familiare. Qui è prevalsa la cultura delle congiure dietro la siepe o nel segreto di bassi o cantine sonorizzate al silenzio.
La mia storia professionale continua nel Comune di Pollica e nel Cilento con un impegno più intenso di prima, per dare alla mia terra ciò che mi avevano impedito di fare, tenendomi lontano. Così ho potuto dare quanto mi restava, senza risparmio fino al 2009. Con Angelo Vassallo ho avuto la fortuna di esprimere il meglio di me, senza incertezza, perché col Sindaco pescatore abbiamo rifondato il Comune, tra mille ostacoli, aprendo la vita pubblica al modo esterno e pulito, coinvolgendo cittadini e comunità nel progetto di legalità, rigenerando la fiducia della gente verso il coinvolgimento di tutti.
Il resto è storia ripercorsa nel film dedicato al Sindaco Pescatore.
Il mio impegno professionale non è finito con il mio collocamento a riposo. Quando l’uomo viene travolto dal lavoro e dall’impegno svolti con passione, non potrà farne a meno fino alla fine dei suoi giorni, Così diceva mio padre. E così è per me.
In oltre 40 anni di lavoro mi sono assentato per malattia un solo giorno. Negli ultimi 20 anni non ho mai goduto di ferie. Ho lavorato regolarmente.
Ho aperto questa pagina, perché vedo che oggi più di prima il cittadino ha bisogno di certezza e di verità, per continuare a credere e decidere consciamente nei momenti più importanti della vita comune, importanti e vitali per il futuro delle generazioni che verranno.
Sono stato e sarò sempre dalla parte del cittadino, perché le leggi e la giustizia sono patrimonio di tutti. Da qui riprendo il mio dialogo con la gente attraverso la legge e per la legge, in modo aperto, trasparente con profondo rispetto verso la Costituzione, in cui sono immortalati i sacri principi del PAESE LIBERO, UGUALE, UNITO E GIUSTO.
Verso tutti coloro che amano il libero pensiero
Gerardo Spira