di Gerardo Spira
I consiglieri comunali che non partecipano alla seduta e alla votazione, sono legittimati ad impugnare le deliberazioni. Allontanarsi non preclude il ricorso.
E’ accaduto in Calabria. Alcuni consiglieri comunali di Francavilla marittima hanno proposto ricorso al TAR di Catanzaro, per un adempimento amministrativo che riguardava il loro ufficio. I consiglieri ricorrenti si sono allontanati e non hanno partecipato alla seduta consiliare, senza manifestare il proprio dissenso o chiedere il differimento della seduta.
Nel ricorso hanno lamentato che l’amministrazione comunale non aveva rispettato modalità e termini per il deposito della documentazione relativa al rendiconto di gestione del 2016. E Ciò ha impedito agli stessi di poter liberamente e consapevolmente deliberare (violazione del munus pubblico).
Il Tar di Catanzaro ha accolto il ricorso pienamente, affermando che la decisione di allontanarsi non incide sul diritto al ricorso, né l’allontanamento determina in qualche modo acquiescenza al provvedimento.
Il comune ha proposto appello contro la sentenza del Tar. Il Consiglio di Stato con sentenza n.3814 del 21 giugno2018, nel confermare la decisione del primo Giudice, si è soffermato su due aspetti della vicenda: sul funzionamento del consiglio comunale e sul diritto dei consiglieri comunali ad impugnare le deliberazioni.
Sul primo aspetto il Supremo giudice ha conferma l’orientamento giurisprudenziale sulla inderogabilità dei termini minimi di deposito della relazione del collegio dei revisori al rendiconto di gestione, rimarcando l’obbligo del deposito, unitamente allo schema di rendiconto, nei 20 giorni antecedenti la seduta consiliare.
Sul secondo aspetto Il Giudice ha confermato il diritto del consigliere comunale ad impugnare la deliberazione non rilevando la sua condizione di allontanamento e di partecipazione attiva al voto.
“L’art. 227, c. 2, del Tuel – chiariscono i giudici di Palazzo Spada – prevede che la proposta del rendiconto della gestione debba essere messa a disposizione dei consiglieri comunali entro un termine non inferiore a 20 giorni, stabilito dal regolamento di contabilità, precedente la sessione consiliare. Secondo la giurisprudenza entro lo stesso termine devono essere messi a disposizione anche gli allegati, compresa la relazione dell’organo di revisione. Il mancato rispetto dei termini sanciti dalla normativa per il deposito e la messa a disposizione dei consiglieri comunali della relazione dei revisori dei conti, a corredo del conto consuntivo, determina la lesione del cd. Jus ad officium dei consiglieri, con conseguente annullamento della delibera di approvazione del consuntivo”.
“Sul punto, infatti, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il componente dell’organo collegiale decade dalla possibilità di impugnazione solo se partecipa attivamente alla seduta e alla votazione favorevole senza manifestare e far verbalizzare il proprio dissenso alla delibera. Ciò in quanto la partecipazione attiva alla seduta e la votazione favorevole alla approvazione della delibera, comporta la imputabilità del deliberato anche al componente presente non dissenziente, con conseguente acquiescenza al provvedimento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 2007, n. 5759). Nel caso di specie, tuttavia, non vi è stata partecipazione attiva alla seduta e alla votazione favorevole, in quanto i consiglieri comunali ricorrenti si sono allontanati dalla seduta, e non hanno preso, quindi, parte alla votazione favorevole. Tanto è sufficiente ad escludere ogni forma di acquiescenza”.
Così la Giustizia amministrativa. Cosa accade quando l’amministrazione comunale persiste nella decisione di approvare il rendiconto, nonostante i richiamati rilievi di merito della decisione del C.d.S, verbalizzate, dai consiglieri comunali? Quale competenza ricade sulla Prefettura e sugli Organi di controllo, interessati?
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