di Gerardo Spira
Il Comune e la società del servizio di accertamento e riscossione dei tributi locali. Limiti, competenza impositiva-Firma atti e poteri di delega-
La preannunciata riforma tributaria dello Stato e degli Enti territoriali (Regione, provincia e Comuni) è stata ritardata nel tempo per i complessi problemi scaturiti dal nostro complicato sistema più volte affrontato ed evidenziato sia dalla giurisprudenza di merito che di legittimità. In ciò non si è salvata neppure la vessata questione degli accertamenti e della riscossione coatta dei Comuni, spesso affidata a società esterne per le incidenti implicazioni politiche. Questo il tema che di seguito affronterò per cercare di rispondere ai quesiti, nel modo più comprensibile possibile, sulle competenze dell’ente locale e della società di servizi in materia di accertamenti e riscossione tributi, sui limiti e le condizioni della capacità impositiva di entrambi, sulla firma degli atti e poteri di delega.
La materia dei tributi, croce e delizia degli Enti territoriali, ha costituito sempre un punto nodale in sede di esame e discussione delle leggi di bilancio annuale dello Stato, perché tutta la partita fiscale costituisce momento di importante equilibrio del bilancio dello Stato e punto non trascurabile per il sostegno dell’autonomia delle Regioni e dei Comuni.
I comuni hanno competenze disciplinate da leggi speciali in materia di imposte e tasse, in quanto ad esse è collegata la qualità dei servizi. A livello locale, programmi e piani dipendono dalla specifica capacità impositiva dell’Amministrazione; da questa derivano qualificate scelte di investimento e di bilancio. Quando il Comune non è adeguamente organizzato ricorre all’esterno per reperire il soggetto capace ed abilitato ad assicurare servizi istituzionali che non riesce a soddisfare con il personale a disposizione.
Spesso leggiamo che il Comune ha stipulato convenzione o contratto per regolare i rapporti con società esterna a cui sono stati affidati servizi, attribuiti dalla legge in primis in capo all’ente pubblico. Nella disciplina regolamentare si fa richiamo alle norme speciali che ne consentono la concessione, specificando diritti, competenze ed obblighi. Negli Enti di rilevante grandezza(città), il problema assume poca importanza perché rinveniamo un’attenta capacità professionale nell’impegno a ricercare una terminologia e una espressione formale giusta e corretta, allo scopo di restringere le possibilità di impugnativa da parte di tutti i soggetti interessati. Negli Enti, carenti di adeguate professionalità, notiamo passaggi contraddittori e lacune procedimentali che danno luogo a conflitti e liti. I Vizi e i difetti incidono sulle interpretazioni della volontà giuridica da cui nasce il contenzioso, dannoso alle parti e all’erario. Il discorso diventa molto importante se si trasferisce nella sfera delle responsabilità personali, quasi sempre eluse attraverso forzate teorie sul valore del danno (dolo, colpa grave e colpa lieve). Quando si discute sulla ricerca delle responsabilità, la comunità ha già subito il danno. Le numerose leggi emanate con le finanziarie di approvazione del bilancio dello Stato non hanno risolto il problema. Pur tuttavia negli angoli più nascosti della complessa normativa possiamo ritrovare il bandolo della corretta applicazione dei principi che comunque esistono nel nostro ordinamento e sono posti a tutela della legittimità delle azioni della P.A.
Da qualche tempo gli Enti locali, pur in presenza di organizzazione amministrativa e strumentale, professionalmente scelta, ricorrono all’esterno per l’affidamento di compiti e di servizi propri, perché la legge lo consente, previa legittima motivazione.
Con generiche motivazioni, difficilmente opposte, nei Comuni di modesta dimensione, si ricorre all’esterno per servizi che la legge, in via primaria, pone a carico dell’ente il quale attraverso il solito provvedimento di Autorità individua funzione e responsabile, trascurando di rivedere conseguentemente i compensi attribuiti alla qualifica. Alla riduzione di compiti della funzione dovrebbe invece derivare l’adeguamento del trattamento economico. Invece posizione e qualifica restano inalterati e il maggior costo ricade sull’ignaro cittadino che ne sopporta l’aggravio in termini monetari e procedimentali. Il buonismo della decisione politica avviene con i soldi dei cittadini.
La diversità dei ruoli e delle competenze ha determinato e ancora comporta discussioni rilevanti ai fini della responsabilità giuridica. Le cosiddette società esterne sostitutive di servizi pubblici (accertamenti e riscossioni) sostengono che fino all’emissione dei ruoli, la competenza soggettiva spetta all’Ente. Dopo l’emissione del ruolo, sostengono che competenza e responsabilità ricade sulla società affidataria del servizio. Il discorso viene racchiuso tra due momenti, fase di accertamento e intimazione e fase di esecuzione. Intorno a questo nodo si è aggrovigliato tutto il contenzioso tributario a livello nazionale e locale.
Smontata Equitalia, società particolarmente favorita dalla legislazione politica dal 2005 al 2017, è sorto un altro soggetto pubblico, pure questo molto discusso: “l’Agenzia delle Entrate” da cui è derivato il soggetto di riscossione, strumento operativo dell’unico soggetto giuridico dell’Agenzia Entrate, guidato dal MEF. Dunque Il soggetto di riferimento è UNICO, diviso per ragioni politiche in due: la mente e il braccio. La grande scienza giuridico-tributaria del politico legislatore ha buttato il cittadino nella fossa dei leoni affamati, da cui anche se vittorioso, ne esce distrutto nel fisico e nella mente. Basta fare un giro per le commissioni tributarie sparse nel territorio nazionale.
Gli Enti territoriali, Regione Province e Comuni, nella corsa per il rafforzamento dell’autonomia amministrativa, hanno seguito questi percorsi confusamente tracciati a livello centrale. Da qui il ricorso, per le discutibili deficienze organiche, al mercato consigliato delle Società esterne, spuntate come funghi, per l’accaparramento di servizi molto appetitosi, specialmente in questa epoca in cui la crisi economico-sociale ha investito il tenore di vita del patrimonio privato.
Dalla Tarsu/Tares/Tari all’Ici/Imu/Tasi si sono susseguite le più incomprensibili modifiche e trasformazioni che hanno messo a repentaglio la legittimità delle azioni degli Enti, con difficoltà operative per i soggetti incaricati, aggravati da spese insostenibili dal cittadino. Di fronte alle piccole somme di aggiornamento anche parziali il cittadino, pur legittimato, ha preferito pagare, di fronte alla spesa di eventuale lite. La legittimità dell’azione riconosciuta processualmente a chi ha fatto ricorso quindi, per ragione di costi, non ha trovato seguito. Neppure gli Organi e le Autorità di controllo hanno puntato il faro sui predetti aspetti che comunque hanno sconvolto diritti e conti pubblici.
Veniamo alla premessa questione.
Tra il Comune e la società esterna, affidataria del servizio di accertamento e di riscossione, viene stipulato come abbiamo detto, in forma pubblica, convenzione o contratto, recepito, solitamente, dal Segretario comunale alla cui presenza si costituisce, per conto dell’Ente, l’incaricato del servizio finanziario e Tributi dell’ente. I servizi affidati sono quelli dell’accertamento o della riscossione, oppure entrambi.
Nella diffusa e incontrollata confusione dei ruoli abbiamo notato circolare avvisi di intimazione di accertamento con carta intesta della Società e firmati dall’amministratore della stessa o suo delegato. Le rimostranze civiche hanno sollevato un vespaio di contestazioni tutte tese verso gli stessi interrogativi: Può la società affidataria del servizio di accertamento dei tributi locali assumere una funzione propria dell’Ente? La funzione dell’Ente è conferibile o delegabile all’esterno? Dove è il confine di competenza dell’uno e dell’altro? Cosa dice la legge?
Qui s’innesta il mio pensiero suffragato dalla legislazione ricercata nella convulsa e confusa materia.
Art.42 DPR n.600/73, in vigore, detta:
- comma 1:” Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d'ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”.
-Comma 3” L'accertamento è nullo se l'avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo e ad esso non è allegata la documentazione di cui all'ultimo periodo del secondo comma.”
La sottoscrizione del ruolo, ai sensi dell’art 12 è sottoscritto anche mediante firma elettronica dal titolare dell’ufficio o suo delegato.
La norma modificata nel 2002 è rimasta sostanzialmente la stessa del 1973.
Sulla capacità funzionale del capo ufficio, in seguito a discussione sul ruolo di Equitalia è intervenuta la Corte costituzionale nel 2015 con la sentenza n. 37 chiarendo il profilo professionale dell’accertatore. La suprema Corte, a proposito delle intimazione accertative firmate da funzionari di equitalia, ha stabilito che gli atti, per essere legittimi, devono essere sottoscritti dal dirigente proveniente da concorso pubblico in conformità a quanto stabilito dall’art. 97 della Costituzione.
L’art,97 della Costituzione detta: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”.
Cosa è accaduto nei Comuni!
Non tutti i Comuni si sono adeguati alla decisione della suprema Corte, lasciando esposta la questione ai continui richiami della giurisprudenza.
In seguito alla decisione del Supremo Giudice La giurisprudenza amministrativa, tributaria e contabile si è invece già adeguata al principio. LA Commissione Tributaria regionale (v sezione) di Salerno - giudice relatore dott. Alfredo Notari- con la sentenza n. 99/2019 per una questione sollevata in materia di Tarsu, ha accolto il ricorso di un contribuente per l’anno 2011. La CTR regionale richiamando la Cass n. 22803/2015 ha ritenuto la qualifica professionale del soggetto indicato“DIRIGENTE” ILLEGITTIMA E COME TALE RADICANTE LA NULLITA’ DELL’ATTO IMPOSITIVO. Di conseguenza sono stati travolti nella nullità assoluta tutti gli atti del procedimento adottati dall’Ente. Nullità assoluta vuol dire con effetti ex tunc (dal primo momento). E tali devono considerarsi tutti gli atti sottoscritti dal medesimo.
E’ stato quindi confermato il principio secondo cui Il funzionario incaricato deve essere in possesso dei requisiti e capacità di cui all’art 17 del D.Lgs 165/2001 “I dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto scritto e motivato, alcune delle competenze comprese nelle funzioni di cui alla lettera b, d, ed e dell’art. 1 a dipendenti che ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell’ambito degli uffici ad essi affidati”.
Gli avvisi di accertamento ai sensi dell’art 1 comma 162 L. finanziaria n. 296/2006 “sono sottoscritti dal funzionario designato dall’ente locale per la gestione del tributo” Dunque risultano individuate le figure responsabili della sottoscrizione dell’avviso e il potere di delega.
Che cosa è la delega!
La delega è un provvedimento amministrativo in forza del quale un funzionario pubblico trasferisce ad altri l’esercizio dei suoi poteri o facoltà di sua spettanza.
L’istituto è disciplinato dalla legge ed è ammesso solo nei casi espressamente previsti e conferito con atto scritto.
La delega amministrativa è atto intraorganico conferibile all’interno della stessa struttura amministrativa, per l’espletamento di funzioni pubbliche specificamente previste. E’ anche, più in generale, tra soggetti diversi delle istituzioni pubbliche (per es. tra lo Stato, le Regioni, le province e i comuni).
Dalla delega amministrativa va distinta quella della firma. In tal caso il delegato è incaricato soltanto della sottoscrizione, mentre l’atto ricade nella responsabilità del delegante.
La Corte di Cassazione, sulla validità degli accertamenti –sentenza 29 marzo 2019 n.8814, ha stabilito che in tema di accertamento tributario, la delega della firma o di funzioni di cui all’art. 42 citato deve necessariamente indicare il nominativo del delegato, pena la sua nullità, che determina a sua volta, quella dell’atto impositivo e ciò al fine di consentire al contribuente di verificare la ricorrenza dei poteri in capo al sottoscrittore.
Vediamo nel diritto tributario.
Principio fondamentale da cui deriva tutta la normativa di dettaglio e speciale è l’art. 97 della Costituzione.
La norma di riferimento all’istituto della delega amministrativa è l’art.17 comma 1 bis D.Lgs n.165/2001 come sora riportato.
Dunque l’avviso di accertamento è di competenza del capo dell’ufficio in possesso dei requisiti di legge. La delega segue la funzione e la competenza.
Orbene l’atto di delega, deve riportare con chiarezza il titolo, la competenza, i presupposti e i requisiti del delegato. Il difetto procedurale determina la nullità dell’atto conclusivo del procedimento.
Quando va eccepita la questione di nullità!
L’art. 62 comma 2 del DPR 600/73 dispone che la nullità deve essere eccepita, a pena di decadenza, in primo grado. Parliamo ovviamente di delega intraorganica, tra funzionari dello stesso settore. Se la delega è fatta a persona estranea alla P.A può essere eccepita in qualsiasi grado di giudizio (Cass. N.25280/2015, Cass. 14195/2000).
Giova ricordare che la sanzione della nullità segue un regime diverso per gli atti tributari. Infatti mentre quelli amministrativi ricadono nella violazione di cui all’art.21 septies della legge 241/90, quelli tributari, se non impugnati tempestivamente consolidano e legittimano la posizione dell’Ente a riscuotere il tributo. Ciò non esclude la responsabilità, per il mancato controllo. La comunità risulta infatti spogliata di somme non dovute.
La delega è inconferibile a soggetto non interoganico!
Possiamo quindi rispondere alla domanda: E’ possibile conferire la delega impositiva ad un soggetto della società incaricata del servizio di accertamento dei tributi locali? La risposta è “no”.
Ai sensi della normativa relativa alla iscrizione dei soggetti all’Albo, le attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e di altre entrate di Province e Comuni sono gestite da soggetti privati abilitati, in possesso dei requisiti previsti per l’iscrizione (Art. 53, comma 1 , D.lgs, 15 dicembre 1997, n. 446).
Testo: in vigore dal 26/05/1998. Presso il Ministero delle finanze è istituito l'albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.
Per attività si intendono tutte le operazioni strumentali tese ad accertare la fonte del tributo. Questa fase, si conclude con un atto che diviene pubblico con la sottoscrizione del funzionario incaricato dell’Ente. Con la notifica di questo atto al contribuente si instaura il rapporto tributario.
Dal 1 gennaio 2020 cambia il regime di riscossione coattiva degli Enti locali. La nuova disciplina intervenuta con la legge finanziaria di fine anno 2019 ha fortemente inciso sulla procedura temporale di riscossione, accorpando in un unico atto (definito accertamento esecutivo) tutti i tempi intermedi dall’accertamento alla fase esecutiva.
Nei commi dal 784 all’815 della legge di bilancio 2020 sono fissati tempi e modalità dell’intero procedimento, che per economia di spazio sintetizziamo:
-Avviso di accertamento esecutivo con forza precettiva;
-Obbligo di incasso diretto in tutte le fase di riscossione; -
-Nuovi requisiti per la nomina del funzionario responsabile;
-disciplina per le modalità di pagamento:
-determinazione degli oneri e delle spese di riscossione; -
-Revisione dei requisiti per l’iscrizione all’albo per i soggetti abilitati alla riscossione.
Il legislatore, come ben si può notare, ha riportato la disciplina verso modalità e tempi prefissati al fine di semplificare, accelerare, dare certezza e garanzia alle attività svolte dagli enti locali.
Da non sottovalutare è il principio della riscossione diretta prevista nella normativa del RD 639/1910, già peraltro a disposizione dei Comuni, disattesa con il ricorso a società esterne le quali lo sostituiscono con un’attività di competenza propria dell’Ente. Aspetto questo che immotivatamente ha prodotto lungaggini nelle procedure di riscossione, nonché danni al cittadino.
Ciò in violazione dell’art. 52 comma 5, lett c, D.Lgs n.446/97 che detta: “l'affidamento di cui alla precedente lettera b) non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente”.
Il riordino della materia, nella visione della semplificazione e maggiore efficacia degli atti ripropone il problema delle competenze e delle funzioni dei responsabili da incaricare. La suprema Corte dei Conti e lo stesso ANAC suggeriscono di ricondurre la materia nell’alveo delle garanzie di legittimità, nell’interesse generale della collettività, e della maggiore efficienza dello Stato. Va dunque applicata la normativa di cui all’art 17 della legge 165/2001, in conformità al principio di cui all’art. 97 della Cost, sostenuto e affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n.37/2015. In linea con la sentenza della Corte costituzionale la giurisprudenza contabile ed amministrativa sollecita gli Enti ad abbandonare la politica di scelta della burocrazia di comodo, senza selezione pubblica. Per il rafforzamento convinto della legalità nella P.A è necessario invece che il politico assuma il ruolo descritto e previsto dalla legge e la funzione pubblica garantisca lo svolgimento della gestione nel rispetto della normativa di settore. L’articolato di cui al R.D n639/1910, ancora in vigore, resta la fonte di riferimento sia per il Comune che per le società esterne. Dunque è questione soltanto di riorganizzazione dei servizi degli enti locali. (gs)
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