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Unione dei comuni! Per quale scopo?

di Gerardo Spira


Nel 1990 è avvenuta una radicale rivoluzione nella riforma delle Autonomie locali. Il legislatore, con la legge 142/90, confluita con le modifiche e le integrazioni nel testo Unico n.267/2000, ha ripensato ad una idea nuova di Ente territoriale, con funzioni e competenze tese a riorganizzare lo stesso per meglio rispondere alle esigenze del cittadino, in una concezione garantista di legittimità e di legalità. In buona sostanza con la riforma cardine del 1990 l’amministrazione pubblica ha tracciato la cornice entro cui gli amministratori devono muoversi, separando il loro ruolo da quello della burocrazia individuata per la gestione corretta e conforme al dettato costituzionale (art. 97 cost.).

L’Unione Europea, entrata in vigore con il trattato di Maastricht 1993, nel confermato principio delle autonomie e indipendenze dei singoli stati, ha vincolato tutte le istituzioni pubbliche al rispetto dell’ordine fondamentale del bilancio comunitario. Ogni Stato quindi può governare la propria autonomia restando nei limiti dei conti e delle manovre finanziarie ed economiche disponibili.

Da questa riforma sono nate le linee guida delle Autonomie delle Regioni, province e comuni.

Nei confronti degli Enti territoriali il legislatore ha prestato specifica attenzione, perché dagli stessi si muove e si sposta gran parte delle risorse; si sviluppa la politica di necessità, la domanda del cittadino e quella dei propositi progettuali degli investimenti pubblici e privati.

I servizi pubblici, sempre più richiesti, sono stati ancorati dalla legge ad una precisa analisi in termini di costi e benefici, imponendo programmi e piani per le valutazioni economico-finanziarie. La spesa dunque non è più una voce di semplice amministrazione, ma un’operazione svolta attraverso una serie di passaggi, tutti rivolti ad assicurare l’integrità di bilancio

La nuova cultura amministrativa ha puntualizzato l’importanza del ruolo dell’amministratore pubblico, prestando attenzione alla capacità di interpretare le esigenze della comunità, con adeguati strumenti di gestione.

Nel quadro di riordino istituzionale è stata data fondamentale importanza al principio di contenimento della spesa, al modulo di riorganizzazione efficiente della macchina amministrativa, tendente a conseguire risparmi di spesa.

La riforma, volta alla semplificazione e riorganizzazione del sistema delle autonomie locali, è proiettata verso i Comuni, soprattutto quelli di piccole dimensioni, che costituiscono l’ossatura del vasto e diffuso sistema italiano.

Già con l’art.30 della legge 142/90 il legislatore ha posto le basi per un orientamento verso l’unione di funzioni e di servizi, sollecitando i propositi con contribuzioni incentivanti. La facoltà negli anni successivi è divenuta necessità e quindi obbligo per i comuni di limitata presenza demografica. L’Osservatorio su queste realtà ha imposto, per motivi di costi, la decisione di disporne la confluenza in unico Ente, in cui funzioni e servizi vengano trasferiti e conferiti in un’unica realtà giuridica.

A partire dal 1 gennaio 2015 è scattato l’obbligo di associarsi tra i Comuni mediante convenzione sulle funzioni trasferite o di Unirsi secondo quanto previsto dall’art 14, comma 28 del D.L 78/2010, convertito in legge n.122. La predetta normativa stabilisce che i Comuni con popolazione fino a 5000 abitanti, oppure fino a 3000 se appartenenti o appartenuti a comunità montane,” esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante Unione di Comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei Comuni di cui al comma 27(funzioni ampliate a 10). Il predetto obbligo è scattato già per le Unioni costituite, mentre per le altre dal 1 gennaio 2015, a seconda della scelta, per l’associazione mediante convenzione o per l’Unione. Nell’uno e nell’altro caso funzioni e servizi vanno conferiti e gestiti in modo unico.

Con l’art.1 della legge n. 56 del 2014, detta legge Del Rio, viene dato maggiore impulso al concetto di associazione con lo scopo di semplificare la gestione intercomunale dei vari settori.

La gestione associata per i piccoli Comuni favorisce il processo di miglioramento delle prestazioni, delle qualificazioni professionali del personale, con un maggiore impegno politico dell’amministrazione per il contenimento della spesa.

Che cosa è l’Unione dei Comuni e quale lo scopo!

L’Unione dei Comuni, come detta l’art. 32, comma 1 del TUEL 267/90 è “l’ente locale costituito da due o più comuni, di norma con termini, finalizzato all’esercizio associato di funzioni e servizi” Ai sensi del 4 comma, all’unione si applicano i previsti principi per l’Ordinamento dei Comuni (bilancio, contabilità, status degli amministratori, Organizzazione dei servizi e deli uffici, personale e responsabilità). L’Ente costituito sostituisce tutti i comuni partecipanti nella organizzazione unica del sistema di programmazione e di gestione.

L’art. 30 della normativa richiamata prevede che gli Enti riuniti potranno adottare una unica convenzione per le modalità di svolgimento dei servizi e delle funzioni, o apposita convenzione in caso di associazione. In ogni caso l’una esclude l’altra tra gli stessi soggetti. La costituzione formale dell’Unione comporta la cessazione delle attività da parte del Comune partecipante o nel caso di delega per tutto il periodo di unione o convenzione. Gli atti devono avere una sola titolarità per avere configurazione giuridica legittima degli effetti all’esterno.

Le principali tappe normative:

“Art. 26 L. n. 142/1990: prima disciplina del modello associativo delle Unioni di Comuni. “Due o più comuni contermini, appartenenti alla stessa provincia” potevano costituire un’Unione al fine di esercitare funzioni o servizi congiuntamente. I comuni interessati dal nuovo processo associativo non dovevano superare la soglia dei 5.000 abitanti, con l’unica eccezione di permettere di partecipare per ciascuna Unione ad un solo comune con una popolazione compresa tra i 5.000 ed i 10.000 residenti. Le Unioni avevano una durata non prorogabile oltre ai 10 anni: esse dovevano rivestire un ruolo propedeutico ad una fusione tra comuni, pena lo scioglimento dell’Unione stessa.

Art. 6 L. n. 265/1999 e art. 32 del TUEL: oltre ad aver introdotto nuove disposizioni sul funzionamento e l’organizzazione delle Unioni, si eliminavano le caratteristiche principali della norma originaria del 1990, tra le quali la taglia demografica fissata a quota 5.000 abitanti per i comuni partecipanti ad Unioni, l’appartenenza alla medesima provincia da parte degli enti locali aderenti, il limite massimo di 10 anni di durata dell’Unione, nonché il carattere precursore di tale forma associativa verso la via della fusione comunale. È stata proprio con questa eliminazione di vincoli stringenti che il fenomeno delle Unioni ha potuto diffondersi sul territorio nazionale: prima del 1999 si contavano infatti appena 16 Unioni in Italia, contro le 206 attive nel 2003.

Decreto n. 318/2000 del Ministero dell’Interno come modificato dal DM n. 289/2004 e Intese di Conferenza Unificata del 2005 e del 2006: primi sistemi di finanziamento alle forme di associazionismo intercomunale.

Art. 12, lettera f, L. n. 42/2009: “previsione di forme premiali per favorire Unioni e fusioni tra comuni, anche attraverso l’incremento dell’autonomia impositiva o maggiori aliquote di compartecipazione ai tributi erariali”.

Art. 21, comma 3, L. n. 42/2009: individuate 6 funzioni fondamentali dei comuni (per le Unioni già costituite)

Art. 14 L. n. 122/2010: le disposizioni imponevano ai comuni fino a 5.000 abitanti (e fino a 3.000 cittadini nel caso di comuni appartenenti o appartenuti a comunità montane), ad eccezione delle isole mono comune e del Comune di Campione d’Italia, di esercitare, tramite convenzione o Unione, le 6 funzioni fondamentali previste dalla L. n. 42/2009.

(Comma 28 –art 14 l.n.122/2010). I comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d’Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della lettera l). Se l’esercizio di tali funzioni è legato alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, i comuni le esercitano obbligatoriamente in forma associata secondo le modalità stabilite dal presente articolo, fermo restando che tali funzioni comprendono la realizzazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche, rete dati, fonia, apparati, di banche dati, di applicativi software, l'approvvigionamento di licenze per il software, la formazione informatica e la consulenza nel settore dell'informatica. (comma così sostituito dall'art. 19, comma 1, lettera b), legge n. 135 del 2012)

28-bis. Per le unioni di cui al comma 28 si applica l'articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. (comma introdotto dall'art. 19, comma 1, lettera c), legge n. 135 del 2012, poi così sostituito dall'art. 1, comma 107, lettera a), legge n. 56 del 2014)

29. I comuni non possono svolgere singolarmente le funzioni fondamentali svolte in forma associata. La medesima funzione non può essere svolta da più di una forma associativa.

Art. 16 L. n. 148/2011: modificava l’art. 14 della L. n. 122/2010, indicando una nuova disciplina ad hoc in materia di associazionismo intercomunale obbligatorio per i comuni fino a 1.000 abitanti con lo scopo di ridurre “i costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni” e razionalizzare “l’esercizio delle funzioni comunali”.

Art. 19 L. n. 135/2012: individuate le 10 nuove funzioni fondamentali dei comuni.

a) Organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo

  • b) Organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale;

  • c) Catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;

  • d) La pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale;

  • e) Attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;

  • f) L’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi;

  • g) Progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall’articolo 118, quarto comma, della Costituzione;

  • h) Edilizia scolastica (per la parte non attribuita alla competenza delle province), organizzazione e gestione dei servizi scolastici;

  • i) Polizia municipale e polizia amministrativa locale;

  • l) Tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali e statistici, nell’esercizio delle funzioni di competenza statale (La Legge di Stabilità n. 228/2012 all’articolo 305 modifica la funzione l), dalla quale elimina i servizi statistici, per introdurli nella nuova funzione l) bis: “servizi in materia statistica”).

L’Art. 19 L. n. 135/2012 ridefinisce l’art. 14 della L. 122/2010 e l’art. 16 della L. n. 148/2011, modificando gli obblighi di gestione associata in capo ai comuni fino a 5.000 abitanti: nuovo obbligo di esercizio in forma associata, tramite Unione (art. 32 TUEL) o convenzione (art. 30 TUEL), delle funzioni fondamentali (esclusa quella riportata alla lettera l)), per tutti i comuni fino a 5.000 abitanti, o fino a 3.000 nel caso di amministrazioni appartenenti o appartenute a comunità montane, ad eccezione dei comuni coincidenti con isole e del Comune di Campione d’Italia.

Art. 1 L. n. 56/2014: il limite demografico minimo delle Unioni è fissato a 10.000 abitanti, ovvero a 3.000 abitanti se i comuni appartengono o sono appartenuti a comunità montane, fermo restando che, in tal caso, le Unioni devono essere formate da almeno tre comuni, e salvi il diverso limite demografico ed eventuali deroghe in ragione di particolari condizioni territoriali, individuati dalla regione. Il limite non si applica alle Unioni di Comuni già costituite.

Art. 23 L. n. 114/2014: rimodulate le scadenze per l’obbligo di esercizio associato delle funzioni fondamentali dei Comuni.

Premesso l’obbligo della gestione, per le Unioni di comuni già costituite, delle sei funzioni già individuate con l’art.21 comma 3 legge n.42/2009, a partire dal 1 gennaio 2015 scatta l’obbligo di associazione tra i comuni mediante convenzione o unione secondo quanto previsto dall’art.14 comma 28 D.L 78/2010 per i Comuni con popolazione fino a 5000 abitanti, oppure fino a 3 mila abitanti per i comuni se appartenuti o sono appartenuti a Comunità montane.

Dal quadro normativo si evidenziano chiari due adempimenti obbligatori: la costituzione formale dell’Unione dei Comuni e la Convenzione di disciplina in forma associata delle materie.

All’Unione, costituita, vanno trasferite le funzioni dei Comuni che acquisisce poteri e competenze decisionali di programmazione e gestione in forma associata. Nasce e si costituisce una nuova realtà politico amministrativa, con propri organi e funzioni, che si sostituisce ai singoli Comuni. Il bilancio sarà unico con gli stessi adempimenti di contabilità; il personale dipendente dei singoli comuni viene trasferito all’Unione che riorganizza la dotazione organica con la rimodulazione degli uffici e dei servizi. Passano in carico all’Unione le dotazioni dei mezzi e degli strumenti; vengono approvati tutti i Regolamenti unici e individuato il Comune capofila per i riferimenti propositivi ed attuativi delle disposizioni di legge. La convenzione tipo schematizzerà le modalità di svolgimento dei servizi associati in forma unificata.

L’esercizio associato delle funzioni trasferite si ripercuote nei rapporti di gestione su tutti i Comuni facenti parte. Nella legge 56/2014 si rinvengono disposizioni tese a valorizzare competenze e capacità amministrative per conseguire risparmi di spesa.

Orbene tutto il processo di trasferimento deve comportare l’effettivo passaggio e conferimento delle singole organizzazioni comunali al fine di accentrare Uffici, servizi e risorse.

“L’art.1 comma 114 prevede infatti che in caso di trasferimento di personale dal Comune all’Unione, prevede il contestuale trasferimento delle risorse già quantificate nel precedente anno finanziario. Va osservato il disposto del comma 5 dell’art. 32 del Tuel, in base al quale la spesa sostenuta per il personale dell’Unione non può comportare, in sede di prima applicazione, il superamento della spesa di personale sostenuta precedentemente dai singoli Comuni partecipanti, mentre, a regime, attraverso specifiche misure di razionalizzazione organizzativa e una rigorosa programmazione programmazione dei fabbisogni, devono essere assicurati progressivi risparmi di spesa.

I giudici contabili, ritengono che lo scopo perseguito è quello di migliorare l’organizzazione, i principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa. Costruire un Ente solo formale, senza dare seguito agli adempimenti obbligatori, vuol dire dar vita ad un sistema di gestione politica contrario alle finalità della legge, fittizia, con l’adozione di attività illecite, influenti sull’intero sistema di tutti i Comuni facenti parte.

La giurisprudenza contabile al fine di applicare correttamente la normativa di riferimento nelle diverse deliberazioni adottate in merito suggerisce il seguente percorso:

a) Gli Enti che unificano gli uffici devono, a seconda delle attività che in concreto caratterizzano la funzione, costituire e organizzare il sistema in forma associata, riformulare la dotazione organica secondo lo schema del contratto collettivo nazionale, verificando la corretta e legittima collocazione del personale nelle categorie; prevedere la Responsabilità del Servizio in capo ad un unico soggetto che disponga dei necessari poteri organizzativi e gestionali, nominato secondo le indicazioni contenute nell’art.109 del Tuel;

b) Nella predisposizione del modello organizzativo, gli enti interessati devono tener conto degli obiettivi di finanzia pubblica sottesi al citato art.14, co.27 e segg. Del dl. 78/2010, s.m.i., e, quindi evitare di adottare soluzioni organizzative che, di fatto, si pongono in contrasto con le finalità di risparmio di spesa;

c) L’esercizio unificato della funzione implica la riorganizzazione delle attività, in modo che ciascun compito che la caratterizza venga considerato in modo unitario e non quale sommatoria di più attività simili;

e) Lo svolgimento unitario non implica necessariamente che la stessa funzione debba far capo ad un unico ufficio in un solo Comune, potendosi ritenere, in relazione ad alcune funzioni, che sia possibile il mantenimento di più uffici in enti diversi; ma in questi casi l’unitarietà della funzione comporta che la stessa sia espressione di un disegno unitario guidato e coordinato da un Responsabile, senza potersi escludere, in linea di principio, che specifici compiti ed attività siano demandati ad altri dipendenti.

In caso di gestione tramite unione di comuni (art. 32 TUEL) il personale viene conferito dai comuni a seguito della gestione associata della funzione a cui sono preposti. Nelle Unioni di Comuni il personale diventa, a tutti gli effetti, dipendente del nuovo ente e la procedura di trasferimento è disciplinata dall’art. 31 del d.lgs. 165/2001 “Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività” e, per le garanzie, dall’art.2112 del Codice Civile che regola il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda o di una parte di essa. Il rapporto di lavoro col dipendente comunale prosegue con l’Unione, senza soluzione di continuità, e i lavoratori trasferiti conservano tutti i diritti che ne derivano. L’Unione è obbligata ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi, anche aziendali, vigenti per ciascun lavoratore alla data del trasferimento, fino ad avvenuta definizione di un contratto integrativo aziendale dell’Unione; i Comuni, in virtù del trasferimento delle funzioni e delle attività, dovranno procedere alla ridefinizione della dotazione organica, disponendo il congelamento, secondo la disciplina dell’6 bis, D.lgs.165/2001, dei posti oggetto di trasferimento; in caso di recesso dei Comuni o scioglimento dell’Unione, è ammissibile il reintegro del personale nell’organizzazione dei Comuni se previsto e regolamentato (convenzione e/o verbale di concertazione tra le OO.SS. e la delegazione trattante dei Comuni o Unione).

Le norme contrattuali vigenti per le Unioni di comuni sono l’art.13 CCNL 22.1.2004 (estensione dell’applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto regioni ed autonomie locali al personale delle Unioni, sia che essi siano assunti a tempo determinato sia che siano assunti a tempo indeterminato, senza alcuna distinzione se a part time o a tempo pieno. Tali disposizioni si estendono anche al personale assunto per mobilità) e l’art.14 CCNL 22.1.2004 (personale utilizzato a tempo parziale e servizi in convenzione).

Come ogni altro ente locale, l’unione di comuni, ha in capo precisi obblighi di contenimento della spesa di personale (art.1, comma 562, L.296/2006 - vincoli e limitazioni in tema di spesa di personale); deve dotarsi di una serie di atti fondamentali che riguardano, anche, il personale dipendente e le relative relazioni sindacali (sul fabbisogno del personale, il regolamento per l’ordinamento degli uffici e servizi ecc.). La costituzione di una Unione non può mai comportare una maggiore spesa di personale rispetto alla somma di quella dei singoli Comuni partecipanti (art.32, co.5, Tuel); anzi, a regime, nell’ottica di razionalizzazione, devono essere assicurati progressivi risparmi in materia di personale.”

In assenza del precitato processo formativo e costitutivo l’Unione risulta Ente inesistente giuridicamente e quindi formalmente produttivo di attività nulle. Nulle devono ritenersi le decisioni e i provvedimenti adottati dagli Organi sovracomunali e da quelli partecipanti.

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