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La pagina di Gerardo Spira

Avvocato senza condizionamenti "Una sola è la verità"

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I diritti dei minori sotto la mannaia di una Giustizia inadeguata ed incapace

Di Gerardo Spira

Se proviamo a mettere insieme, secondo il livello di valore, i principi costituzionali e le leggi sul diritto di famiglia avvertiamo, all’impatto, un sensibile disagio ad accettarne l’interpretazione applicata, come se la giustizia si muovesse contro i diritti dell’uomo. Lo Stato e le sue leggi vanno in una direzione, la giurisprudenza in altra direzione. Tra i poteri dello Stato non vi è coordinamento. Il principio dell’indipendenza forza quello dell’autonomia fino a porre sullo stesso piano organi ed istituzioni operanti nella stessa materia. Il cittadino ne subisce e paga le conseguenze in termini di diritti. Nella materia del diritto di famiglia diventa una vera e propria avventura affrontare il merito di una questione di separazione e di divorzio. La Giurisprudenza, come motore delle leggi, non aiuta la società ad accettarne l’orientamento, specialmente quando il contrasto interpretativo si fa più evidente tra i supremi giudici della Cassazione e quando poi Il giudice costituzionale, chiamato, ne dà la soluzione di legittimità. Quando scoppiano i contrasti, le indecisioni muoiono sulla pelle delle persone che attendono giustizia.

Ormai ogni cittadino è in grado di valutare se un provvedimento o una sentenza sono stati emessi secondo un percorso e ragionamento corretto e giusto. I sentimenti della giustizia si evolvono con la crescita dei valori della democrazia. Quando questi valori stridono con i principi scritti e fermi nelle leggi si apre il solco profondo tra lo Stato e i suoi cittadini. Qui il tarlo comincia ad attaccare la dignità dei principi delle leggi. Qui nasce il pericoloso scostamento tra chi fa la legge e chi l’applica.

La famiglia è ritenuta e riconosciuta dalle Convenzioni, dai Trattati internazionali e dalla Costituzione italiana la prima cellula della società e i diritti dell’uomo, inviolabili e intoccabili. La loro violazione, anche per interpretazione di chi è deputato a farlo, ne lede i sentimenti e il valore.

Il Tribunale, quando è chiamato a decidere come arbitro, dovrebbe spogliarsi delle interferenze personali e svolgere la sua funzione senza turbamenti o fratture. Quanto più equilibrata risulta la decisione, tanto più si esprime l’assoluto valore della giustizia.

La Giustizia deve unire, non dividere. E’ dovere dei Giudici giudicare secondo il corretto valore della norma, uguale per tutti, senza alcuna distinzione di genere e secondo il giusto peso, accertato e non dichiarato.

Quanto più la Giustizia riesce ad imporre il principio di uguaglianza, tanto più ne assicura il fine sociale.

La separazione, nella visione di libera convergenza delle ragioni verso il valore della famiglia, diventa una formalità puramente contrattuale. E’ salvata l’idea, sono salvaguardati i figli e i rapporti continuano come prima col pensiero rivolto al loro superiore interesse.

Il frastuono conflittuale delle parti e quello giudiziario finiscono per confondere il diritto. L’interpretazione della legge fuori dal sistema giuridico diventa un optional discrezionale, frammentario, imparziale e discriminatorio.

Nel nostro ordinamento giuridico i rapporti etico sociali della famiglia hanno trovato fondamento nella Costituzione(artt.29-31) e la disciplina applicativa nel diritto di famiglia, verso un solo obiettivo: favorire lo sviluppo della persona umana con tutti i diritti riconosciuti relativi al nucleo familiare, dichiarato società naturale fondata sul matrimonio”. I diritti della famiglia sono inviolabili e restano tali come vincolo tra i componenti, anche nel caso di interruzione o di rottura.

Il principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, è detto, che può “essere superato soltanto a tutela e garanzia dell’unità familiare”.

L’art. 30 della Costituzione afferma tre principi: il diritto-dovere dei genitori, di mantenere, istruire ed educare i figli. Tutti e tre insieme per un solo obbiettivo, nella unitarietà morale e giuridica degli stessi. La frammentazione o divisione dei compiti, convenuti e decisi giudizialmente costituisce violazione della Costituzione e insinuazione del diritto verso obbiettivi contrari al valore morale e giuridico della normativa.

Il Giudice, nella sua funzione, non deve mai distrarre il pensiero da questi corollari. Non può e non deve esaminare e valutare con differenza tra l’uno o l’altro, pur nella condizione socio-economica diversa. Il valore della famiglia è al disopra di tutte le parti, anche dello stesso arbitro. Sopra, più sopra di tutti vi è il minore che offusca ragionamenti, discussioni e decisione. Separare un figlio dalla unità cellulare significa non tener conto delle sua dignità di persona umana e di soggetto di diritto. Significa frantumare l’essenza dello Stato. Compito del Giudice è quello di disporre il rispetto dei diritti e dei doveri ad entrambi i genitori, in modo paritario e senza distinzione di genere. Il compito di Istruire, mantenere ed educare non appartiene ad una cultura di genere, ma ad entrambi i genitori e secondo le buone norme del vivere civile. Mosè non lesse le leggi prima alla donna e poi all’uomo, ma a tutto il popolo che lo ascoltava. Collocare un minore presso uno dei due genitori è violazione della legge ed è abuso del diritto obbligare entrambi, in tempi di presenza diversificata, alla cura e all’educazione paritaria. Questa giustizia non appartiene alla nostra cultura, ma a quella residuale e superata della pena per condotta non condivisa. Nel principio morale della Famiglia non trova riconoscimento la pena. Con la legge 54/2006 il legislatore ha sancito la piena parità giuridica e morale tra i coniugi. Con la legge 219/2012, il Parlamento ha superato anche la distinzione tra figli naturali e figli legittimi, affermando il principio che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico.

In buona sostanza il legislatore, interpretando le sempre più stringenti esigenze sociali, ha adeguato gli istituti della famiglia alle mutate condizioni di vita e di rapporti, sempre più aperti. Mentre però la Comunità Eu ha aperto i confini del diritto in una visione sempre più garantista verso la persona, nel nostro sistema il diritto di famiglia è rimasto affidato alla cultura di operatori i quali seguono la voce ricorrente di una giurisprudenza di parte e condizionata di genere.

Per quanto riguarda il rapporto genitori-figli, la legge stabilisce che incombe ad entrambi i genitori, in egual misura, l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli (requisiti tutti riferiti alla prole) (art.147 c.c.).

Poi dice che la potestà patria è stata sostituita dalla potestà parentale sui figli, la quale spetta sempre in egual misura al padre e alla madre. Nel caso di contrasto ciascun genitore può ricorrere al giudice, il quale deve sempre provvedere a garanzia dell’unità familiare.

Così per le altre disposizioni.

Analizziamo gli assunti. I genitori hanno pari dignità, responsabilità, diritti e doveri, a garanzia dell’unità familiare. Ma come si realizzano questi principi. Giuridicamente il legislatore ha voluto dire” voi bisticciatevi, strappatevi i capelli, ma nei confronti dei figli avete pari responsabilità, pari obblighi e pari doveri.

A questo punto invece, per i pressanti interessi conflittuali, i tribunali hanno mediato tra i soggetti in campo, perdendo di vista la prole. Le alchimie giuridiche, hanno avuto il sopravvento sulla legge. Sono venute fuori le più diverse e diversificate decisioni da un tribunale all’altro. Ciò, si dice, in forza dei principi di indipendenza e di autonomia. Stando alla portata dell’art. 147 c.c tutto dovrebbe avvenire in modo uguale e secondo le rispettive condizioni economiche. Ma come si può educare ed istruire un figlio a giorni alterni? E in che modo il genitore non collocatario può conoscere il metodo educativo dell’altro per adeguare il suo? Chi è escluso dalla continuità del rapporto è già svantaggiato e il Tribunale, chiamato, lo individua come il soggetto di disturbo e di pregiudizio. Secondo la Giustizia di genere il mantenimento è sempre dovuto, mentre l’istruzione e l’educazione si può dare a giorni e periodi alterni. L’istruzione e l’educazione del genitore collocatario sono indiscutibili e per il tribunale assumono valore assoluto e preminente su quelle dell’altro.

In nessun provvedimento è detto che ciò compete alla madre o al padre, entrambi valutati per capacità e responsabilità.

Il problema invece è facilmente risolvibile. Premesso che entrambi i genitori sono ugualmente responsabili di fronte alla legge e che la legge va osservata da entrami, il Giudice invece di dividere i doveri, deve imporli e disporre che entrambi hanno l’obbligo di esercitare il loro ruolo per intero, senza limitazione di tempi e di luoghi. Quando ciò accade per ragione di necessità di impegni l’altro deve essere posto nella condizione di diritto di mantenere contatti e rapporti.

Credo che nessuno potrà andare serenamente assolto dal danno creato a migliaia di minori sottratti all’unità della famiglia, dal dolore procurato per fini di ingiustizia, dai tantissimi suicidi di genitori che non ce l’hanno fatta, dalle rilevanti conseguenze determinate a tutta la società che ha vissuto e vive l’ansia della separazione come il più grave dei problemi che oggi viviamo.

Innanzitutto la legge, i minori e i loro diritti. Poi gli altri.

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