di Gerardo Spira
Ho conosciuto la collega, per la serietà professionale, e conosco molto bene l’ambiente in cui opera il tribunale di Vallo della Lucania. Tribunale molto evidenziato con la stessa Procura della Repubblica che resiste al sortilegio (si fa per dire) della soppressione, nonostante le dilaganti spinte di quanti lo vorrebbero lontano dalle beghe locali e territoriali
Vi sono certamente motivi nascosti di risentimenti che ne impediscono la caduta. Ma le congiure e gli intrighi fanno parte di quella cultura storica che ha visto il cilentano brigante “accovacciato” dietro la siepe.
Dopo la prima lettura ho pensato ad uno sfogo personale manifestato dal legale che opera in un contesto in cui le ragioni del diritto s’intrecciano con quelle di una cultura maliziosamente silenziosa.
Mi sono sbagliato, perché l’argomento è all’ordine del giorno e diffusamente anche nel nostro territorio.
Basta aprire un giornale per ritrovarci un articolo di cronaca.
In tutti i convegni ormai si parla di fallimento della Giustizia, di lobby e caste unite intorno alla materia della famiglia. Le accuse vanno dai protocolli di categoria alle direttive o linee guida scoperte più per rafforzare poteri ed interessi personali che per difendere diritti e interessi dei cittadini.
I patti servono a rafforzare le decisioni dei TRIBUNALI dove il DIRITTO, svilito e spogliato dei principi costituzionali del valore della famiglia, ne esce vistosamente sconfitto.
Lei sa, per aver presieduto un incontro a Perugia sul tema della famiglia, che da tempo insisto su di un argomento dimenticato o appositamente accantonato che mette tutto il sistema istituzionale italiano in cattiva luce, minando dalle fondamenta principi e valori della Giustizia.
La giustizia si conclude nelle aule dei tribunali, ma nasce, cresce e si sviluppa in tutte le sedi istituzionali coinvolte (dentro ci sono tutti: magistrati, operatori sociali, ordini professionali e anche la chiesa). Nessuno fa il proprio dovere. Nessuno aiuta La Giustizia a fare il proprio dovere. La collega definisce la legge 54/2006 “una promessa non mantenuta” e lo dice dopo oltre 20 anni di professione. Ne aspetterà ancora se non viene guastato il gioco.
Ha scoperto quindi che la volontaria giurisdizione non esiste, che il giudice in questa materia non fa più il proprio mestiere, è divenuto uno pseudopsicopedagogo; che le decisioni del Tribunale vanno in una direzione sbagliata e che i minori sono oggetto di mercanzia tra più parti. Ha scoperto che nelle istituzioni italiane si perpetra il più grande tradimento della Costituzione e il più grande delitto contro la famiglia. Ha scoperto che la legge 54 del 2006 è carta straccia e che le sue norme sono fili strategici in mano al giocoliere di occasione. Eppure nei banchi dell’università ci hanno insegnato, almeno nella mia epoca i professori lo facevano, che i princìpi sono fondamenti insopprimibili se non adeguatamente modificati, che le norme impositive sono cogenti, di immediata applicazione e che la lettura della legge deve avvenire in modo sistematico. Che anche se applicata singolarmente la norma deve essere collegata alle finalità della legge.
Per scelta meditata mi sono tenuto lontano dalle organizzazioni professionali, dalle caste privilegiate e dal mondo che ha fatto del problema “un grande affare”. La dignità dei principi della persona non ha nulla a che fare col danaro!
La collega probabilmente vive fuori dal cerchio magico e pensa che il grido di risentimento personale possa smuovere le coscienze di un mondo che ha messo radici ben più profonde dell’immaginario e più pericolose di certe altre che stanno corrodendo la credibilità del tessuto Istituzionale.
Non è più tempo di discussione; siamo tutti adeguatamente sollevati sul piano del diritto per affrontare l’argomento, con tono libero ed equidistante, tenendo ben ferma la barra verso un solo interesse, quello superiore ed esclusivo del minore. Un genitore, per il bene del figlio, sacrifica l’anima e se stesso e se necessario si pone anche da parte. Non altrettanto fanno coloro che discutono e decidono dei suoi sentimenti.
La legge 54 del 2006 è stata certamene un momento di novità nella affannosa legislazione italiana, ma niente di più. La giurisprudenza italiana ha inventato il genitore collocatario, per il privilegio verso la madre, ed ha rivalutato il padre solo per tutti gli obblighi. La figura del padre è stata volutamente accantonata nei ritagli del tempo libero.
La giustizia è amministrata da persone, si dice, tutte con spirito e cultura diverse, ma tutte tese a far trionfare il principio di interesse generale, di equilibrio, di imparzialità e buon andamento.
Invece questo mondo è pervaso da una cultura individualistica che spinge molti magistrati a cercare la gloria su di una pagina mediatica, a discapito della dignità e dei diritti dei minori.
In questo mondo, che vedo contornato da molta fictio iuris, accade di tutto e di più. Una parte della giurisprudenza, montata per dispetto, ha finito per svuotare il contenuto della legge 54/2006, stravolgendo la stessa volontà del legislatore. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
La Giurisprudenza ha soppiantato la legge. Il Giudice è divenuto arbitro delle sorti della coppia in lite e di quella del minore. Sentimenti, affetti ed interessi superiori diventano gli ingredienti di una decisione che quasi sempre la Corte Europea ha sanzionato, ponendo “la culla della civiltà” all’indice del portale del diritto.
Ho sostenuto e sostengo che nessun tribunale può decidere dei sentimenti e degli affetti del minore.
L’Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori, l’unica in Italia, ha intrapreso un percorso diverso da quello affollato dai tanti interessi, il percorso del diritto violato, delle inadempienze istituzionali della magistratura e degli enti territoriali che portano alle contraddizioni nelle fasi di rispettiva competenza e ai vizi e difetti nelle procedure che si trasferiscono nelle decisioni finali.
La giustizia è responsabile delle decisioni in cui confluiscono atti e provvedimenti emessi da responsabili degli Enti territoriali in violazione del dettato di cui all’art, 97 della Costituzione. E responsabile della mancata applicazione della legge 241/90 sull’accesso agli atti e sul procedimento amministrativo. E’ responsabile dei mancati controlli sul corretto svolgimento di atti e procedure che confluiscono nella decisione finale per farne parte integrante e sostanziale.
Intendiamo aprire il varco che il legislatore del 1977 prima e quello costituzionale de 2001 poi hanno previsto e attribuito in via esclusiva agli Enti territoriali, i quali sono gli unici punti di riferimento dei problemi della società
Intendiamo guastare il gioco per ridare dignità al diritto di Giustizia e riaffermare il superiore interesse dei minori. I figli non sono oggetto del contendere, ma soggetti di diritti e dignità affermati da tutte le leggi nazionali e internazionali.
Ciò che succede nei Tribunali Italiani è altra cosa, per umori e sensazioni, rifiutati dal cittadino educato ai principi della Costituzione sorta per la costruzione di uno Stato aperto, libero, uguale e trasparente.
Intendiamo stare fuori dai conviviali; Intendiamo richiamare la POLITICA ad aprire il fronte delle responsabilità di quanti usano la legge contro la famiglia ed i figli.
Mi creda, il problema nel NOSTRO PAESE è ben altro e io l’ho sperimentato personalmente in quel di Roma, nella Capitale dove la legge è stata “strascinata” e sporcata da pezzi dello Stato.
*Presidente Associazione Genitori Separati per la Tutela dei Minori
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