di Gerardo Spira
Vale un vecchio detto “gli scienziati non sanno più cosa inventare per reggere in politica”.
Avv. Gerardo Spira*
Parole, frasi fatte e ripetute, concetti copiati, strafalcioni giuridici: la novella del Registro della Bigenitorialità ha solo lo scopo di fare passare il messaggio secondo il quale la politica ascolta e si muove nel loro interesse.
Qualcuno ha anche la sfrontatezza di dichiarare nelle pubbliche assemblee che il Registro della bigenitorialità è legale, che trova il suo aggancio nella legge del 2006 (bugia consapevole?), ma si è guardato bene dall’indicarne il numero, sicuro dell’approvazione. Il risultato lo conferma! L’affare è passato senza eccezioni. Agli elettori attenti il giudizio! La fretta e la superficialità portano a questi scherzi. Abbiamo perduto, purtroppo, la sensibilità all’impegno serio delle proposte nelle assemblee, studiate e fondate sulla legge. Gli altri si accodano. Per condivisione pura e semplice o per lungimiranza politica? Resta il dubbio amletico!
Veniamo all’affare del Registro della Bigenitorialità, così si dice in amministrativo quando si discute di un argomento collegiale. Anche Città di Castello è stata colpita dall’influenza di un “movimento” che pervade in molti comuni italiani, specie ora, in prossimità di scadenze elettorali. Così Il 15 ottobre anche il consiglio comunale di Città di Castello, ha approvato la proposta del capo gruppo della sinistra Giovanni Procelli di istituire il Registro, per “garantire ad entrambi i genitori il diritto ad assumere decisioni e partecipare alle scelte che coinvolgono salute, educazione ed istruzione del figlio” (sic).
Chissà se il consiglio comunale sa che questi principi sono nella legge e che costituiscono prerogativa di applicazione del Tribunale. In coro tutti i presenti hanno detto sì. Le motivazioni? Sono state esplicitate sommariamente di natura politica. Pare che l’atto del Consiglio sia un primo passo per la successiva regolamentazione.
Essendo materia di competenza esclusiva dello Stato, non si comprende come sia stato superato lo scoglio del parere tecnico in ordine alla legittimità della proposta. Così anche quello sulla Privacy che con il decreto europeo, in materia dei minori, è ritenuto molto importante. Ma tant’è! Attendiamo gli eventi, dal momento che, sul problema ha puntato gli occhi del controllo sia il Ministero dell’interno che quello della funzione pubblica.
La proposta del Consiglio passerà ad una commissione comunale(?) per fare un Regolamento tipico, di quelli che già circolano in diverse edizioni in Italia.
L’argomento non ci trova meravigliati, perché abbiamo avuto modo di misurare il polso dell’amministrazione del capoluogo della Regione: la città di Perugia. A Perugia l’accordo politico ha portato un nucleo di maggioranza a dire no al Regolamento che invece va nella direzione della legge a tutela degli interessi dei minori.
Ciò nonostante, intendiamo, a tal proposito, esprimere il nostro pensiero in merito e lo facciamo pubblicamente, pur sapendo che contrasterà con quello della politica di turno che lo ha espresso con una votazione unanime. Ne esplicitiamo le ragioni.
Il Registro della Bigenitorialità non ha alcun valore di legge.
Non lo ha perché non trova alcun aggancio nella legge anagrafica, che è, per principio, di esclusiva competenza dello Stato Unitario (legge 24 maggio 1954 n.1228). Questa legge stabilisce l’uso, le modalità di funzionamento e la responsabilità della tenuta dei Registri dell’anagrafe e ne individua il funzionario responsabile per la corretta applicazione.
Il Regolamento successivo che disciplinerà la materia, non potrà produrre effetti di validità giuridica. In forza dell’Ordinamento di riforma degli Enti locali, legge 267/2000, i Regolamenti per essere validi, legittimi ed efficaci, devono trovare il sostegno nella legge.
Ma c’è di più.
La materia anagrafica,
comunque disciplinata, è di esclusiva competenza dello Stato (art 117 lett. (i) Cost. e art 118 comma c 2). Dunque l’atto del consiglio comunale, che approva il cosiddetto Registro, assume configurazione giuridica impropria, facoltativo, di livello giuridico inesistente, non vincolante. Qualora una delle parti non mantiene l’impegno, sorgeranno questioni legali che ricadranno sul conflitto in corso. Non solo! Gli atti diventeranno materia appetibile per i tribunali.
Ma vediamo, secondo le notizie circolanti, quale scopo dovrebbe avere il Registro! Secondo la proposta consiliare il Registro dovrebbe essere un punto di riferimento di tutte le notizie e le informazioni che riguardino il minore. Ovviamente, con le perplessità in ordine giuridico, l’iscrizione deve essere sottoscritta da entrambi i genitori. E se uno dei due non sottoscrive, quale valore giuridico ha la iscrizione attivata soltanto da uno dei due? Né può essere disposta la sola sottoscrizione di una sola parte, con valore contrattuale anche per l’altra.
La P.A ha potere impositivo soltanto in presenza di norma di legge che ne prevede la fattispecie. Il funzionario d’anagrafe, individuato ai sensi della Legge 241/90, assume personalmente posizione e ruolo responsabile di fronte al cittadino, eventualmente, danneggiato. Con la burocrazia che ci ritroviamo, la deliberazione consiliare diventerà un boomerang politico che complicherà le procedure e comporterà aggravio di costi sia per il cittadino che per l’Ente.
Dunque la decisione del Registro non agevola, non risolve e non favorisce il prospettato equilibrio unitario sul minore.
Il problema, come sosteniamo da anni resta e si rinviene nell’incapacità istituzionale a collegare e semplificare i momenti del conflitto, con una regolamentazione preventiva che trova il suo punto di riferimento nella legge. La P.A e la Giustizia non hanno saputo trovare questo raccordo. Eppure entrambe le istituzioni hanno confini di attribuzioni separate ed esclusive che possono trovare il collante nello strumento del Protocollo, molto usato negli accordi tra queste istituzioni, per la loro disciplina comportamentale interna. Alcun impegno invece viene assunto per disciplinare le fasi, più o meno acute della separazione. Qui la capacità politica non ha saputo intervenire e può essere fatto con un tavolo propositivo sul quale possono trovare sede di discussione soltanto i veri problemi del minore e non altri. Il tribunale non può invadere il campo amministrativo, neppure con disposizioni prepotentemente invasive, né lo stesso può imporre alla P.A comportamenti che rientrano nella competenza esclusiva del Comune.
Ricordiamo che gli Enti territoriali, per costante soggezione psicologica verso “la giustizia” hanno disatteso dal 1977 un principio costituzionale (art.97), rinunciando ad esercitare una funzione delegata dalla legge, in via esclusiva, nella materia dell’assistenza nei confronti dei minori (artt. 22 e 23 lett.(c) D.P.R 616/77).
Cui prodest? Questa inadempienza, diventa sì un gioco politico, che però si riverbera sulla collettività che dagli amministratori pretende azioni ed iniziative legali a tutela degli interessi generali. Ragioniamo secondo legge e restiamo nella legge che riteniamo al di sopra di tutti, soprattutto di quelli che devono applicarla ed amministrarla. La legge non è uno strumento opzionale per colpire o favorire, ma il mezzo per attuare i principi della Costituzione: di libertà, di tutela e di garanzia, di uguaglianza e di giustizia del cittadino, quando questi vive le difficoltà della vita.
Il Registro della Bigenitorialità è una fantasia politica, come la mediazione e la negoziazione assistita, che non risolve il grande problema delle separazioni.
La soluzione è nella legge e con questa bisogna parlare chiaramente al cittadino, mettendo in campo strumentazioni possibili, legali, credibili e veloci. Altre iniziative sono rattoppi inutili di un vestito in cui ci finiscono dentro, prima o poi, tutti: amministratori, cittadini, professionisti, magistrati e scienziati, quelli che dettano, parlano agli altri, senza guardare in casa propria.
Con il D.P.R 616/77 è finito il ruolo centrale dello Stato in alcune materie che, in osservanza del principio dell’Autonomia funzionale, vennero trasferite agli Enti territoriali. Il Decreto, di grande intuito politico, prevedeva agli artt. 22 e 23 il trasferimento esclusivo ai Comuni delle funzioni nella materia dell’assistenza e della beneficenza e alla lettera (c) la competenza negli interventi relativi ai minorenni.
Le funzioni amministrative devono trovare disciplina in apposito Regolamento, previsto dalla legge 241/90.
Per molti teorici il Registro sarebbe controproducente, per altri un raccoglitore pericoloso di notizie riservate. I sostenitori della mediazione spingono per una legge nazionale sul doppio domicilio. “Secondo questi ultimi una legge nazionale avrebbe molta più forza di un registro comunale, spesso affidato a servizi interni diversi (in certi casi l'anagrafe, in altri i servizi sociali)”. Argomento molto dibattuto, non condiviso e strumentalmente politico. In questo frastuono, più di natura politica che giuridica, i Comuni adottano atti, di aspettativa e finalità politica che non hanno alcun valore di legge, che serviranno ad imbrogliare la problematica e a montare un servizio con inutili costi per cittadini. Aspetto questo che potrebbe essere risolto dal Tribunale in sede di separazione, se questa viene disciplinata bene. “Una sentenza del tribunale di Firenze del 2012 dispone, appunto, il domicilio del figlio presso entrambi i genitori, favorendo l'instaurarsi di relazioni interpersonali in entrambe i contesti”. Ecco, quando la giustizia vuole funzionare, non occorre il Registro per risolvere un problema di applicazione della legge.
Piuttosto è importante impegnarsi a dare certezza di diritti al cittadino, regolamentando le attività dei servizi, in special modo dei Servizi sociali e di altri coinvolti nelle vicende, i quali agiscono secondo prassi discrezionale, violando la normativa sul procedimento amministrativo, con la scusa che si tratta di atti di natura giudiziaria. Responsabilità condivisa e coperta dalle connivenze a tutti livelli di influenza. Il provvedimento giudiziario nel terreno amministrativo deve camminare con le regole disposte dalla P.A.
Qui la politica è vistosamente assente. Per riverente ossequio o per timore?
Qui invece è importante intervenire se si vogliono fare gli interessi delle coppie cadute nella problematica della separazione.
Qui sono gli interessi superiori dei figli.
Per queste motivazioni riteniamo che i Ministeri competenti debbano intervenire, con assoluta urgenza, per impedire che una inutile prassi si diffonda a macchia d’olio per finalità che risultano di gravissimo danno proprio ai minorenni.
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