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IL Conflitto di interessi nel codice dei contratti pubblici

di Gerardo Spira


Ne abbiamo già parlato in altro argomento che riguarda i pubblici dipendenti. Nel pubblico impiego, infatti, l’istituto del conflitto di interessi si è manifestato con maggiore evidenza nei rapporti tra la P.A e i cittadini.

 È l’interesse pubblico che attrae quello privato e non il contrario. Il mondo economico, sociale, politico e finanziario ruota intorno alla grande sfera pubblica perché è questa a segnare le linee di indirizzo di sviluppo della Società. Quando s’incrociano i due interessi, pubblico-privato, scatta il tentativo del privato a penetrare in quello pubblico per coglierne i vantaggi per ragioni personali, legami di parentela, di affinità, di convivenza o di frequentazione abituale, non solo diretti, ma anche indiretti. La giurisprudenza ha individuato il conflitto di interessi come un istituto sospettoso di influenza potenziale, che, come il cancro, può diffondersi lungo tutto il procedimento attivato fino al risultato finale. Ed è proprio la catena del procedimento ad escluderne o a confermarne la sussistenza.


Incontriamo la materia del conflitto di interessi specificamente disciplinata nell’art. 6 bis della legge 241/90, introdotto dalla legge 190/2012 e dal D.P.R 62/2013(artt. 6,7,14). In questa normativa l’argomento è trattato in generale per i dipendenti pubblici. Per la complessità delle diverse sfaccettature, i Dipartimenti ministeriali, e l’ANAC, interpellati, ne hanno chiarito le fattispecie attraverso risposte che troviamo fascicolate in apposita raccolta. La persistente incidenza del problema nella vita pubblica, per il rilevante valore economico degli affari, ha costretto il legislatore ad intervenire per cercare di arginare le aggressioni al mondo reale degli utili e dei vantaggi con i contratti pubblici degli appalti, concessioni, affidamenti di beni e servizi, mondo in cui nascono e si sviluppano occasioni e opportunità di influenze. Qui è intervenuta la legislazione specifica col D.lgs. n.50/2016, modificato e integrato col D.lgs. n.36/ 2023, chiamati Codici dei contratti pubblici. In questi Decreti è stata prevista una specifica norma, pretesa come argine del conflitto di interessi, l’art. 42, c 2, del D.lgs. n.50, trasfuso con modifica nell’art.16 del D.lgs. 36/2023.


Ne abbiamo già trattato nell’argomento del subappalto, per i risvolti influenti sul contratto tipico degli appalti pubblici. Qui intendiamo impegnare la nostra riflessione e attenzione su altro aspetto, e cioè quello di utilizzazione dolosa della normativa verso interessi diretti o indiritti. Più soggetti, nominati o incaricati con atti fiduciari sviluppano un procedimento attraverso una maldestra interpretazione e applicazione della legge per raggiungere il risultato progettato.


Art. 16 Codice dei contratti pubblici – D.Lgs n.36/2023, proveniente dall’art. 42,c2, D.Lgs n50/2016.

Conflitto di interessi


1.              Si ha conflitto di interessi quando un soggetto che, a qualsiasi titolo, interviene con compiti funzionali nella procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione degli appalti o delle concessioni e ne può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato, gli esiti e la gestione, ha direttamente o indirettamente un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione.

 

2.            In coerenza con il principio della fiducia e per preservare la funzionalità dell'azione amministrativa, la percepita minaccia all'imparzialità e indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi a interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all'altro.

 

3.            Il personale che versa nelle ipotesi di cui al comma 1 ne dà comunicazione alla stazione appaltante o all'ente concedente e si astiene dal partecipare alla procedura di aggiudicazione e all'esecuzione.

 

4.   Le stazioni appaltanti adottano misure adeguate per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti e delle concessioni e vigilano affinché gli adempimenti di cui al comma 3 siano rispettati.


La portata della norma, pur molto ampia, appare chiaramente orientata a prevenire interferenze e influenze in tutto il processo formativo della proposta amministrativa, dalla progettazione alla conclusione. La stessa riguarda e comprende tutti i soggetti partecipanti: politici e funzionari, ciascuno per la responsabilità del ruolo ricoperto nelle diverse fasi e livelli, dal conferimento incarico della progettazione alle fasi successive dell’appalto, del contratto, del subappalto, della esecuzione e del collaudo. I confini del conflitto di interessi restano chiusi in un cerchio di persone e di soggetti, ben individuati, che devono risultare assolutamente impossibilitati, per disposizione di legge, a orientare l’azione amministrativa in una direzione di interessi individuali o di gruppo. Il 2 comma dell’art. 16, di tutela del procedimento, è coperto dal principio minaccioso dell’art. 97 della Costituzione, buon andamento e imparzialità. Principio che va tenuto sempre presente indenne da tentativi e attacchi durante il corso dell’azione, con verifiche e accertamenti costantemente continui. Il sospetto potenziale del conflitto d’interessi, ha chiarito il legislatore, deve concretizzarsi in prova accertata, provata.  Il potenziale conflitto diventa dunque il filo conduttore del percorso. Utilissima risulta la FAQ ANAC aggiornata al 30 luglio 2020.


Entra in gioco nel processo formativo del conflitto di interessi il ruolo del Funzionario responsabile, il RUP, in tutte le diverse fasi. La nomina o incarico fiduciario, attribuita, in assenza di criteri asettici, diventa il primo momento incriminato nel rapporto politico-gestionale. Dalla nomina inizia il sospetto, da cui nasce l’indizio che si concretizza in fatto di prova lungo tutto il procedimento, attraverso la serie di personaggi messi in ordine precostituito per deviare l’azione nel binario voluto. Da qui nasce e si sviluppa il filo conduttore verso la corruzione, concussione e l’associazione a delinquere, reati che vanno ben oltre i limiti dell’abuso di ufficio. Dalla prima delibera alla conclusione del progetto i soggetti collegati, politici e funzionari, nell’ordine procedimentali parlano un solo identico linguaggio: il vantaggio, l’utilità.


Da qualche tempo La Politica tende a restringere l’area del penalmente rilevante, rassicurando la P.A dalla minaccia del Codice penale. Nordio è solo l’ultimo demolitore con la cancellazione del reato di abuso di ufficio. La cosa pubblica viene spogliato dalla “paura” del Codice penale, trasformando il reato in sanzione amministrativa. Lo Stravolgimento sociale sempre più scomposto e aggressivo verso la Cosa Pubblica ci impone invece di correre ai ripari predisponendo strumenti e misure normative sempre più rispondenti alla salvaguardia del bene e degli interessi pubblici. È il caso di ripensare alla revoca o annullamento dei contratti, con la restituzione del mal tolto e conseguente cancellazione dagli albi pubblici in modo perenne, nonché, se del caso, alla perdita dei diritti civili. Il Danno pubblico accertato va considerato al di sopra di TUTTO.


Misure e contromisure, confini e sbarramenti più o meno controllabili, sono la prova che il settore degli appalti pubblici è divenuto il filone in cui la corruzione scorre come un fiume in piena. Il fenomeno richiede necessariamente un presidio strategico di sicuro sbarramento preventivo prima che i malintenzionati trasformino i pensieri in azioni. Il presidio legale diventa di necessità, senza spiragli di consentita liberalità. Così è infatti definita la condotta del personale di una stazione appaltante o di prestatore di servizi…art. 42, c 2 D.Lgs 50/2016.


Basta dare uno sguardo intorno al nostro territorio per avere la conferma di quanto andiamo scrivendo. Incarichi e nomine stringono il rapporto fiduciario tra il politico e il professionista attraverso laute indennità e compensi aggiuntivi, anche non dovuti. Un patto scellerato stretto alla gola degli ignari cittadini, peggiore dell’usura. IL potere pubblico divenuto occasione non per svolgere ruolo e funzioni nell’interesse di tutti, ma per utilizzare Organizzazione e strumenti pubblici per scopi personali, di famiglia e collegati, attraverso una rete di favori e vantaggi dirottati verso gruppi, associazioni e cosche unite. Il voto diventa mezzo di scambio di beni e necessità.


Qui la legge deve essere capace di rompere lo schema dei Sistemi, per la credibilità della DEMOCRAZIA.


Dalla residenza di Campanina .22 febb. 2023

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