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LA PRATICA FISIOLOGICA DEL RICONOSCIMENTO DEI DEBITI FUORI BILANCIO

di Gerardo Spira


Il problema dei debiti fuori bilancio, dopo il 1977, anno di primo impatto giuridico contabile affrontato dal legislatore, è divenuto evento ricorrente nella vita di gestione dei Comuni, oserei dire fisiologico in alcuni Enti, tanto da richiamare l’attenzione del Giudice contabile territoriale e nazionale per cercare di arginare un fenomeno che ha trascinato molti Comuni al default, per colpa e responsabilità dei suoi amministratori. Richiami, linee guida e condanne di responsabilità non sono bastate.

Nonostante le accanite discussioni dottrinarie e le costanti decisioni giurisprudenziali delle diverse fattispecie, previste dal legislatore nell’art. 194 TUEL, ancora oggi l’argomento del riconoscimento del debito fuori bilancio, sfugge all’OCCHIO della giurisprudenza contabile, per gli artifici tecnico contabili sempre più sofisticati introdotti da una cultura amministrativa competitiva e di contestazione della regola. Il rigore è divenuto comportamento fuori moda; Amministrare e gestire la cosa pubblica è divenuto mezzo per farsi spazio in una società senza più regole di rispetto comunitario. Fare debiti non è più una colpa, tanto poi qualcuno dovrà intervenire per sanare. Il debito fuori bilancio è entrato a pieno titolo nella cultura dei novelli amministratori. Noi siamo di diverso avviso perché l’Amministrazione pubblica riguarda beni, servizi, sacrifici, risorse e danaro pubblico, degli altri. Fare debiti nell’amministrazione pubblica significa impegnare la Comunità a pagarli nel tempo, lungo, medio o breve. Proprio l’importanza del termine ha richiamato la nostra attenzione a trattare l’argomento, a futura memora, per noi e per gli altri. Dunque esaminiamolo, partendo dal termine “debito” : <<che cosa è un debito fuori bilancio, come nasce e cosa comporta in termini di impegno di bilancio e di responsabilità>>. 

La materia è ben regolata nel disposto di quattro norme del T.U 267/ 2000. (ARTT.151,191,193 E 194).

Il profilo giuridico della normativa ci fa capire che Il legislatore, ha inteso strutturare l’ordinamento contabile degli enti locali in modo rigido, tale da escludere la possibilità discrezionale di contrarre obbligazioni al di fuori delle regole di bilancio.  Ciò al fine di indirizzare la P.A verso il perseguimento degli obiettivi programmati con strumenti contabili legittimamente approvati. La buona amministrazione deve muoversi nell’ambito delle risorse di bilancio strutturato su previsioni di entrate e di cassa vere. Il vincolo del Patto Europa non consente più di impegnare la spesa secondo “il libro dei sogni”. La gestione della cosa pubblica deve seguire la via ordinaria della spesa alle effettive capacità di entrata dell’Ente. La spesa imprevista deve seguire le regole ben segnate negli artt. 151, 191, 193 e 194 del TUEL. Fuori dalla già menzionata normativa l’Amministrazione cade nella condizione obbligata del controllo della Corte dei conti, senza pregiudizio per le eventuali responsabilità di natura diversa.

La fattispecie di cui alla normativa sopra citata rientra nel regime straordinario di trattamento e di esplicitazione.

Il debito fuori bilancio è infatti fattispecie straordinaria che accade per un evento sopravvenuto non prevedibile, ma riconducibile a condizione di riconoscimento quando il fatto sia avvenuto senza alcuna condotta responsabile dell’amministratore o del funzionario. L’evento, così sorto, può essere ricondotto nel regime giuridico della normativa prevista, sempre che tutte le condizioni siano conformi al dettato di legge.  Il rigore della disciplina scaturisce proprio dal nome: “debito fuori bilancio”, inquadrato come <<obbligazione pecuniaria assunta in violazione delle norme di contabilità pubblica>>.

Analizziamolo meglio. Due sono i dati che provocano il debito: 1) il rapporto da cui nasce l’obbligazione (vincolo giuridico) e 2) assunzione del vincolo in violazione della regola di contabilità pubblica.

La cattiva abitudine di spendere danaro pubblico senza regolare impegno di spesa già costrinse il legislatore ad intervenire negli anni 80 con una normativa ritenuta all’epoca tombale perché consentiva agli Enti locali, indebitati, di chiudere definitivamente col passato attraverso il riconoscimento dei debiti contratti fino ad allora. La norma priva del futuro divieto, così disposta, ha lasciato il varco aperto fino al 1990, anno in cui il legislatore sollecitato delle nuove direttive Europee è intervenuto nella disciplina di tutta la materia della contabilità pubblica. Col D.lgs. 267/2000 la materia del debito fuori bilancio è stata appositamente disciplinata negli articoli, 151, 191, 193 e 194. A tale scopo il Ministero dell’interno istituì l’OSSERVATORIO, sulla finanza e sulla contabilità pubblica degli Enti locali, per la verifica della procedura di riequilibrio di cui all’art.243 bis.” L’OSSERVATORIO ha il compito di promuovere l’adeguamento e la corretta applicazione dei principi contabili da parte degli enti locali, monitorare la situazione della finanza pubblica locale attraverso studi e analisi, esprimere pareri, indirizzi e orientamenti”. 

Vediamo la normativa nel dettaglio:

Art.151 TUEL. “Gli enti locali ispirano la propria gestione al principio della programmazione. A tal fine presentano il Documento unico di programmazione entro il 31 luglio di ogni anno e deliberano il bilancio di previsione finanziario entro il 31 dicembre, riferiti ad un orizzonte temporale almeno triennale”.

Art. 193. “Gli enti locali rispettano durante la gestione e nelle variazioni di bilancio il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in bilancio”.

Art. 194, c1 lett. a,b,c,d,e; c 2, c 3 indica i casi, e le ragioni per cui è possibile procedere al riconoscimento del debito fuori bilancio.

La norma, come può notarsi, è strettamente rigorosa. Per ogni singola fattispecie di debito non basta che risulti compresa nella tipologia prevista, è necessario altresì che la stessa venga sottoposta ad una disamina analitica di indagine al fine della dichiarazione di legittimità, per escludere l’accertamento della responsabilità di chi ha provocato l’aggravio della spesa. Deve trattarsi di evenienza straordinaria non prevista. Il riconoscimento del debito di legittimità, infatti, comporta l’assorbimento di risorse di bilancio programmate e destinate ad altri scopi recuperate attraverso operazioni di sacrificio di altre poste di bilancio, impropriamente definite economie, o di somme vincolate per specifica destinazione. L’accertamento comporta apertura di istruttoria tecnica sulla utilità del debito contratto e sull’esame del parametro di valore (indebito arricchimento).

È bene ricordare che l’art. 194 quale norma procedimentale di sanatoria, come più volte ha ribadito la Corte dei conti, va applicato con rigore di verifica.

Prendiamo in esame due casi ricorrenti della norma citata: relativi al comma 1 lett. a e alla lett. e.

Il comma 1 lettera (a) dell’art. 194- riguarda il (riconoscimento del debito derivante da sentenza esecutiva).

Il riconoscimento dei debiti fuori bilancio è materia di esclusiva competenza del Consiglio comunale, in chiave non solo di sanatoria ma anche di verifica dei pregiudizi ai fini degli equilibri di bilancio. Con la legittimazione del riconoscimento del debito la responsabilità si sposta dal soggetto che lo ha provocato in testa a chi lo ha riconosciuto ai sensi dell’art. 23, comma 5, legge 289/2002. Infatti, la delibera di riconoscimento va trasmessa di obbligo alla Procura della Corte dei conti.  

Da qui nasce il dovere precauzionale del Consigliere comunale di controllare che tutto il procedimento preliminare di istruttoria sia stato compiuto con rigorosità analitica dal momento della nascita del debito fino alla conclusione (inizio questione, valutazione ai fini processuali, pareri e relazioni tecniche di attivazione dell’azione etc.). Il voto favorevole diventa in questo momento espressione consapevole di convalida della legittimità della proposta.  Il consigliere comunale, quindi, assume responsabilità col voto di riconoscimento, sottoposto al controllo eventuale della Procura della Corte dei conti. La Corte pur ponendo l’obbligo del riconoscimento del debito da sentenza esecutiva, per aggravio di ulteriori spese, chiama in giudizio sia chi ha provocato il danno, sia il/ i funzionari e il collegio dei revisori, e sia il Consiglio comunale che lo ha riconosciuto come legittimo. Il riconoscimento di legittimità, dunque, non si conclude con la sola dichiarazione del Consiglio comunale.

La Corte nell’esaminare la deliberazione non accerta il profilo processuale della questione (questo attiene al giudice civile), ma la conseguenza che il debito ha prodotto sul bilancio, la causa per cui lo stesso è sorto fuori dalle disposizioni di legge, le conseguenze ricadenti sugli equilibri di bilancio, le cause che hanno generato l’obbligazione e le eventuali responsabilità. L’accantonamento o vincolo di somme a tale scopo “non esonera dalla verifica dei mezzi di copertura anche in relazione alla sussistenza di ulteriori passività”.

L’accantonamento del fondo, infatti, è voce vincolata “il cui ammontare è determinato in considerazione dell’importo degli stanziamenti di entrata di dubbia e difficile esazione, secondo le modalità indicate nel principio applicato della contabilità finanziaria di cui all’all’allegato n.4/2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n.118, e successive modificazioni”. 

Conclusivamente la “ratio” dell’art. 194 non va vista nella volontà del legislatore di limitare la questione al solo riconoscimento, bensì essa deve penetrare nel procedimento formativo dell’azione ancora più importante della corretta “governance” dell’Ente. Non dobbiamo dimenticare che dottrina e giurisprudenza considerano il debito fuori bilancio un’anomalia della regola contabile; il debito nasce da una violazione di legge, privo di regolarità di assunzione e di impegno. La contabilità pubblica è disciplinata da norme correlate secondo un procedimento logico-giuridico finalizzato a garantire il rispetto del principio di legalità nell’azione intrapresa dalla P.A. f

Il principio dell’art. 193 comporta l’obbligo della verifica del controllo di gestione per evitare che la maturazione degli interessi e penalità venga posta a carico dell’Ente. “Il funzionario e/o l’amministratore che viene a conoscenza dell’esistenza di una possibile situazione di debito fuori bilancio è tenuto a informare con immediatezza il responsabile del servizio economico finanziario perché venga attivato con immediatezza il procedimento previsto dalla legge, in ordine al danno.

Art. 194, c 1 lett. e (acquisizione di beni e servizi).

Come si evince dall'art. 194 del T.U.E.L., la proposta della deliberazione per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio spetta al responsabile del servizio competente per materia, che dovrà accertare l'eventuale effettiva utilità che l'ente ha tratto dalla prestazione altrui, che è un concetto di carattere funzionale, costituendo l'arricchimento un concetto derivato, teso alla misurazione dell'utilità ricavata. È quindi necessaria un'attività istruttoria da parte del responsabile del settore formalizzata in una relazione che contenga i riferimenti della situazione debitoria dell'ente da riconoscere eventualmente ai sensi dell'art. 194, comma 1, lett. e) del D.Lgs. n. 267/2000, la sussistenza dei requisiti oggettivi richiesti per il legittimo riconoscimento di ciascun debito, ovvero l'utilità e l'arricchimento per l'Ente di servizi acquisiti nell'ambito dell'espletamento di servizi di competenza”.

È quindi necessaria una relazione di attività istruttoria del responsabile del settore che contenga i riferimenti della situazione debitoria dell’ente da riconoscere eventualmente ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e) del D.lgs. n. 267/2000. Il Responsabile incaricato dovrà accertare la sussistenza dei requisiti oggettivi richiesti per il legittimo riconoscimento di ciascun debito, ovvero l’utilità e l’arricchimento per l’Ente nell’ambito dell’espletamento di servizi di competenza.

Orbene come si può notare la materia, pur legiferata in maniera specifica si presta ad una complessa attività di verifiche, accertamenti e di controlli, prima di concludersi con la delibera del riconoscimento di legittimità, che non esclude l’intervento della Procura della Corte dei conti. Il campanello di allarme suona con intensità quando il riequilibrio di bilancio è dichiarato e approvato falsamente, dimenticando appositamente partite di debito fuori bilancio, per anni, per non stravolgere la situazione di bilancio già in disavanzo. (Disavanzo più debito fuori bilancio fanno il dissesto).  

Qui entrano in gioco le responsabilità degli organi di controllo interno e dell’Organo revisionale. L’organo revisionale ai sensi dell’art. 239 Tuel ha l’obbligo di certificare la legittimità delle operazioni contabili e di non limitare la sua funzione al semplice richiamo promemoria nelle relazioni, specialmente se il richiamo è ripetuto negli esercizi successivi. La relazione di richiamo è atto che concorre ad aggravare dolosamente la condizione di dissesto. la normativa connessa all’art. 194 del Tuel ha carattere “straordinario”, vale a dire è applicabile per fatti imprevisti o sopravenuti, ma non può considerarsi tale se il fatto, debito fuori bilancio, diventa costante e continuo negli anni e per più anni. In tal caso ci troviamo non più di fronte ad un comportamento non più imputabile a colpa grave ma al” dolo”, ovvero alla volontarietà di amministrare e gestire la vita pubblica nella forma più trasgressiva delle regole e della legge.

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